E’ scontro fratricida nel Movimento Cinque Stelle. Tra pentiti e complottisti il caso delle firme false in occasione delle elezioni comunali di Palermo del 2012 fa emergere una serie di retroscena. Eloquente la deputa regionale M5s, Claudia La Rocca (foto), la ‘superpentita’ nella relativa inchiesta: “Solo un cieco non vedeva la degenerazione in cui si stava scivolando”. Un’inchiesta, quella relativa alle firme falsificate nella lista di presentazione dei candidati, nella quale sono indagate tredici persone, tra cui i deputati nazionali Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, che hanno scelto di non rispondere ai Pm e di non rilasciare neppure il richiesto saggio grafico. La giovane deputata La Rocca è accusata dai tre parlamentari – presentatori di un esposto – di essere stata usata e di essere un tassello di una inchiesta pilotata. In pratica, i parlamentari sosterrebbero nell’esposto la tesi di un complotto nei loro confronti orchestrato da un giovane avvocato, Ugo Forello, tra i fondatori di Addiopizzo, candidato alle “comunarie” del Movimento per la carica di sindaco a Palermo rinviate dopo le polemiche scoppiate in seguito all’inchiesta. Quest’ultimo, sempre secondo questa ricostruzione, avrebbe insufflato la parlamentare La Rocca, anche lei indagata, convincendola a presentarsi spontaneamente in Procura.
Nell’esposto, firmato anche dall’avvocato Domenico Monteleone, il legale che assiste i parlamentari indagati, verrebbe inoltre sollevato un caso di legittima suspicione in base a una presunta vicinanza tra Forello e il Procuratore aggiunto Dino Petralia, con il quale il legale ha avuto rapporti in relazione a inchieste che riguardano imprenditori vittime del racket sostenuti da Addiopizzo. Nell’inchiesta della Procura di Palermo sono fino ad ora indagati, come detto, con l’accusa di falso complessivamente 13 persone tra parlamentari nazionali e regionali del M5s, attivisti e un cancelliere del tribunale. Una tesi, quella dei tre parlamentari grillini indagati, respinta al mittente dalla stessa La Rocca che ha replicato sdegnosamente: “Nessun complotto. Ho scelto di collaborare con la giustizia, raccontando al Pm solo cio’ che effettivamente ricordavo. Ho sempre sostenuto come alcune ricostruzioni del servizio delle Iene non corrispondessero pienamente alla realta’, come la strumentalizzazione delle mail, del record delle 13 ore in sede o la storia della riunione dove si sarebbe parlato della ricopiatura delle firme. Motivo per cui non c’e’ nulla che stride fra le mie mail con la Mannino e la mia intenzione di dire la verita’ ai magistrati, cosa che non ho mai pensato di omettere”.
Un fiume in piena la deputata al parlamento siciliano. “Sono anche fermamente convinta – ha proseguito La La Rocca – che i soggetti che hanno portato alla luce questa storia, dopo quattro anni e mezzo, non l’abbiano fatto di certo per amore della verità, ma probabilmente per mal di pancia passati e per creare caos in vista delle prossime comunali. In qualsiasi caso nulla cambia la realta’ di un fatto avvenuto. Il punto e’ questo. Ci sono tanti comportamenti in questi giorni che mi hanno lasciata perplessa, ad esempio sono convinta che chi e’ innocente (e non sono io a deciderlo) ha il solo interesse di collaborare per far archiviare quanto prima la propria posizione, senza chiudersi in silenzi o paventate strategie per allungare il brodo. Forse sarebbe stato piu’ sano affrontare con responsabilita’ una situazione, invece di provare a ‘buttarla in caciara’. Purtroppo sembra essersi perso il senso di ragionevolezza e della realta’”, ha concluso la La Rocca.