Stati membri verso una Procura europea. Ma prende corpo l’Europa a due velocità

Stati membri verso una Procura europea. Ma prende corpo l’Europa a due velocità
8 febbraio 2017

Il Consiglio Affari generali dell’Ue, riunito ieri a Lussemburgo, ha confermato la volontà di attivare una procedura di “cooperazione rafforzata” tra gli Stati membri favorevoli alla creazione del Procuratore europeo (“European Public Prosecutor’s Office”, o Eppo, ndr), dopo aver constatato ancora una volta la mancanza di un consenso unanime su questa proposta, che la Commissione Ue aveva varato il 17 luglio 2013. Continuano a opporsi in particolare Ungheria e Polonia, e dal novembre scorso anche l’Olanda, dopo il voto contrario del suo Parlamento. La Procura europea (che sarebbe comunque affiancata da giudici nazionali) avrebbe l’autorità di condurre indagini sulle frodi ai danni del bilancio Ue (che valgono 3 miliardi di euro all’anno) e più in generale sui reati che danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione, ma anche sulle frodi all’Iva negli scambi intracomunitari, che costano 50 miliardi di euro ai bilanci degli Stati membri, secondo le stime dell’Olaf (l’Ufficio antifrode dell’Unione). Oggi gran parte di questi crimini non sono perseguiti, proprio a causa del loro carattere transnazionale, a cui corrisponde una frammentazione delle indagini e l’impossibilità da parte delle procure nazionali di operare al di fuori delle loro giurisdizioni. E gli organismi già esistenti per la cooperazione giudiziaria e di polizia (Olaf, Eurojust ed Europol) non possono compiere indagini di carattere penale.

DUE VELOCITA’ La “cooperazione rafforzata”, prevista dai trattati Ue, permette agli Stati membri di buona volontà (almeno nove) di andare avanti su un progetto di integrazione fra loro in un determinato settore, senza aspettare gli altri paesi dell’Ue restii o contrari, ma lasciando loro sempre la porta aperta se decidono di raggiungerli. Si tratta di un caso tipico, e già possibile, di applicazione di un meccanismo di “Europa a più velocità”, di cui si parla molto in questi giorni. Al recente Consiglio europeo informale di Malta la cancelliera tedesca Angela Merkel e i governi dei paesi del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo) hanno aperto la riflessione sull’Europa a due velocità come possibilità, probabilmente senza alternative, di rilanciare l’Ue e il suo processo d’integrazione, senza continuare a farsi frenare dagli Stati membri – come il Regno Unito, o i paesi dell’Est – che non condividono l’obiettivo della “Unione sempre più stretta” fra loro (“ever closer union”), secondo quanto prevede il Trattato Ue. Dopo la cooperazione rafforzata per la tassa sulle transazioni finanziarie, ora frenata dalla Brexit e dei timori per le sue possibili conseguenze in termini di competitività sui mercati finanziari, la Procura europea sembra essere un caso di scuola di integrazione settoriale “per cui il Trattato Ue consente già velocità diverse”, come non ha mancato di notare ieri e ripetere oggi il portavoce capo della Commissione europea, Margaritis Schinas.

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OK DI MALTA Il ministro per gli Affari Europei di Malta Louis Grech, presidente di turno del Consiglio Affari generali, ha osservato al termine della riunione con i colleghi dell’Ue che la proposta di regolamento della Procura europea, così com’è stata modificata “è la più vicina possibile a un compromesso equilibrato che possa essere accettato da quanti più Stati membri è possibile”. “La questione della cooperazione rafforzata – ha spiegato Grech – non è nelle competenze della presidenza di turno del Consiglio Ue, e in ogni caso è prematura. Una cooperazione rafforzata può essere lanciata solo dopo che il Consiglio europeo (ovvero il vertice dei capi di Stato e di governo, ndr) ha notato che non c’è consenso sulla proposta. E’ necessario anche un minimo di nove Stati membri” che siano d’accordo per andare avanti. “Al Consiglio Giustizia e Affari interni informale della scorsa settimana – ha ricordato ancora Grech – la presidenza di turno era arrivata alla conclusione che c’è una volontà politica sufficiente a portare la proposta al livello del Consiglio europeo, in modo che possano essere fatti i prossimi passi per dare avvio alla cooperazione rafforzata”. Oggi anche l’Italia, che viene considerata in genere a favore della procura europea, si è dichiarata in disaccordo con la proposta sul tavolo perché “al di sotto delle aspettative”, secondo quanto ha riferito alla stampa, al termine della riunione, il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi.

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IL NI DELL’ITALIA “Abbiamo ritenuto – ha spiegato Gozi – che non fosse sufficiente, che non abbia abbastanza poteri di indagine per poter veramente lottare contro i reati finanziari, contro la frode al bilancio europeo. Riteniamo che un tema così importante, che per noi era una priorità, non si rifletta abbastanza nella proposta sul tavolo. Le frodi al bilancio europeo sono sempre più basate su meccanismi transnazionali”. Pertanto, ha continuato, “occorrono strumenti di indagine e di prevenzione a livello transnazionale, che non troviamo nella proposta in questione. Noi auspichiamo che sia rafforzata: faremo valere le nostre ragioni anche in sede di Consiglio Europeo”. “Ci sono stati – ha aggiunto Gozi – vari paesi che hanno sollevato delle perplessità. Del resto, anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando più volte era tornato su questo tema: non abbiamo visto, dall’ultimo Consiglio Giustizia, quei miglioramenti e quei rafforzamenti necessari perché possa avere il nostro sostegno”. “E dato che ci vuole l’unanimità, valuteremo la discussione a livello europeo, e se si vorrà andare avanti con la cooperazione rafforzata, che noi viviamo in maniera molto tranquilla: secondo noi – ha sottolineato il sottosegretario – questo dovrà diventare il metodo ordinario, nel rispetto dei Trattati e delle regole di vivere a 27. Noi – ha concluso Gozi – non vogliamo bloccare nessuno, ma far valere le nostre ragioni, che sono nell’interesse di una Ue più efficace”, in questo caso “nella lotta contro le frodi”.

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