Nasce Sinistra italiana, ma la frattuta rimane. Ora si attende l’assemblea del Pd

Nasce Sinistra italiana, ma la frattuta rimane. Ora si attende l’assemblea del Pd
17 febbraio 2017

Se la discussione nel Partito democratico rischia a volte di essere poco comprensibile quando si concentra su sottigliezze procedurali e date congressuali, quella di Sinistra italiana, che ha aperto oggi il suo congresso fondativo a Rimini, sfiora gli abissi dell’inconoscibile. Riassunto delle puntate precedenti: mezzo gruppo parlamentare firma a gennaio un documento che accusa di intolleranza la maggioranza interna (che fa capo al fondatore di Sel Nichi Vendola e al suo delfino Nicola Fratoianni). Dopo di che il riferimento di quell’area, il capogruppo alla Camera Arturo Scotto, prima si candida alla segreteria poi annuncia che diserterà le assemblee congressuali, nel fuoco di una polemica su tessere false e democrazia interna violata. Scotto e i suoi promettono maggiore attenzione a quello che si muove a sinistra: alla crisi e alla apparentemente non ricomponibile scissione del Pd e al “campo progressista” lanciato da Giuliano Pisapia.

UNA COSETTA La partita in corso è evidentemente la conquista della pole position, o quanto meno di un posto in prima fila nella riorganizzazione di quello che fu il centrosinistra. Scotto sarà a Rimini domani, ma l’ex bersaniano Alfredo D’Attorre già oggi propone senza mezzi di termini di sciogliere Si nel “processo costituente” lanciato da Massimo D’Alema e di battersi per una legge proporzionale che sleghi le diverse forze da coalizioni preelettorali. Una lettura che Vendola e i suoi bollano come “giochi da ceto politico”. Per l’ex governatore pugliese occorre “guardare con interesse al dibattito nel Pd, alle rotture, alla sua implosione: ma ricordandoci che il mondo è molto più ampio del Pd. Quella è una cosetta, poi fuori ci sono i giovani e il fronte largo che ha votato No al referendum”. E Fratoianni avverte Pisapia: “Non basta dire che dobbiamo essere uniti per vincere, dovremmo parlare di cosa fare dopo che si è vinto”. Per certi versi sulla stessa lunghezza d’onda il segretario della Fiom-Cgil Maurizio Landini, l’ospite più illustre della giornata. Che si sofferma sulla mancanza di “rappresentanza” del mondo del lavoro e di quelli che hanno votato no al referendum.

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SGUARDO AL PD Landini ricorda che “le peggiori riforme del lavoro le hanno fatte governi di sinistra che si richiamavano al socialismo, per questo per i giovani quella parola non ha valore”. Per questo, a chi propone di “unire la sinistra” il leader dei metalmeccanici manda a dire che c’è una “precondizione: l’esigenza è tornare a unire il mondo del lavoro diviso e frantumato”. La platea congressuale non lesina gli applausi a Fabio Mussi, antico sodale di Achille Occhetto, poi ministro nel secondo governo Prodi, che nella sua relazione di apertura avverte che Si non nasce solo per dire no a Renzi. “Con Matteo Renzi porte chiuse, abbiamo sperimentato quel che pensa, quel che vuole, qual è la sua idea di democrazia”. Ma nel Pd “non sappiamo cosa accadrà. Cambia la leadership, vira a sinistra? Bene, si apre un’ipotesi di relazione, sembra improbabile ma non si deve chiudere”. Di fronte a una rottura, una scissione, “massima disponibilità a convergenze politiche ed elettorali. Ma non si pensi che qualunque sia l’esito della vicenda del Pd, qualunque sia la politica adottata, l’alleanza sia inevitabile”. Insomma, Sinistra italiana nasce con i suoi gruppi dirigenti e non delega a nessuno le trattative per alleanze, programmi e liste. In questo senso, la presenza annunciata di Scotto a Rimini domani, dopo che ha boicottato le assemblee precongressuali organizzandone di proprie, difficilmente potrà essere l’antipasto di una ricomposizione immediata della frattura interna.

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