E’ “il primo passo di un percorso che richiedera’ un confronto largo” con l’obiettivo di riconnettere il popolo al centrosinistra perche’ “ci sono state troppe fratture tra un pezzo del nostro popolo e chi rappresenta il centrosinistra”. Roberto Speranza ha dato il via ufficialmente all’unificazione tra i fuoriusciti del Pd e quelli di Sinistra Italiana che si sono riuniti a Roma dando vita al movimento Articolo 1. Un nuovo partito che molto probabilmente si chiamerà Democratici e Progressisti. In settimana si doterà anche di gruppi parlamentari unitari. Si vuole evitare “che tanti disillusi” dal centrosinistra “votino per movimenti che nulla hanno a che fare con il centrosinistra” perche’, ha detto il candidato bersaniano alla leadership Dem, se non si cambia “li consegneremo” ai populisti. All’assemblea che si è svolta nel quartiere Testaccio di Roma in una angusta sala riunioni che non ha consentito l’accesso a tutti i dirigenti, simpatizzanti e alle numerose telecamere presenti, assenti, ma solo per oggi, Pier Luigi Bersani (i suoi ci sono tutti, da Miguel Gotor a Davide Zoggia) e Massimo D’Alema, che preferisce non ipotecare da subito l’immagine della nuova creatura politica con il suo peso. Altra figura che dialogherà con questa nuova formazione è l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che l’11 marzo a Roma lancerà ufficialmente il suo “Campo progressista”, altra iniziativa che ufficialmente mira alla ricostituzione del centrosinistra.
CASA A UN POPOLO Il nodo da sciogliere per primo con la nuova formazione di sinistra che punta a recuperare voti da quella parte di Pd che non digerisce la leadership renziana, ma anche da chi si è rifugiato nell’astensione o nel voto a forze politiche non di sinistra, è il rapporto con il governo. Per il già capogruppo del Pd prima della svolta renziana”siamo qui per ridare casa a un popolo, le questioni parlamentari le verificheremo, guai a immaginare che i progetti politici nascano dalle dinamiche parlamentari: è il contrario”. Per Alfredo D’Attorre “in Parlamento questo movimento lavorerà per avere una legge elettorale, per evitare i catastrofici errori delle politiche economiche del governo Renzi e se ci riusciamo anche a correggere qualche errore”. Ma la discussione sulla fiducia al governo, per lui che dopo essere uscito dal Pd è stato a lungo all’opposizione con Sinistra Italiana, non è centrale: “Il nostro movimento non nasce – ha spiegato – per decidere quali emendamenti votare o non votare”. “La sinistra o è cambiamento o non è. I provvedimenti del governo li leggeremo, come sempre, ma se ci saranno elementi contro i più fragili, diremo di no”, ha puntualizzato invece, l’ex capogruppo alla Camera SI, Arturo Scotto.
CON RENZI SI VA A UN A CONTA “Siamo qui – ha sostenuto dal canto suo Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, altro candidato alla leadership del Pd ritiratosi per dar vita alla scissione – per ridare una prospettiva agli elettori che non si riconoscono più nel Pd e nelle politiche di Renzi”. Rossi ha garantito di puntare a “discutere con tutte le forze, quindi anche con il Pd che non è più di centrosinistra”. Quanto a ciò che accade nel suo ex partito, “Andrea Orlando – ha riconosciuto Rossi – è persona stimabile ma lì dentro si va a una conta per rimettere Renzi alla guida del Pd e per stabilire quanti posti in lista vanno a ciascuna area. Invece abbiamo bisogno di una svolta di politica economica: ci vogliono investimenti, assunzioni per i giovani, altro che bonus e politiche reaganiane”. Curiosità della giornata la presenza di Stefano Fassina, esponente di punta di Sinistra Italiana che, nonostante sia fresco di rottura con l’area di Scotto passata con i bersaniani, si dice “interessato e attento” alla nascita della nuova formazione di sinistra.