Unire ulteriormente le forze per indebolire e distruggere una volta per tutte l’Isis. Perché l’obiettivo sembra a portata di mano. E’ questo l’impegno preso dalla coalizione internazionale riunita a Washington per un incontro ministeriale al completo, il primo dal 2014, ospitato dal dipartimento di Stato. Lo ha fatto nel giorno in cui il Pentagono ha confermato di avere inviato truppe per sostenere un’operazione volta a prendere il controllo della diga di Tabqa, nei provincia siriana di Raqqa, la capitale siriana dell’Isis, dove si troverebbe anche il leader del Califfato Nero, Abu Bakr al Baghdadi (foto home), che secondo il segretario di Stato Rex Tillerson (foto) farà la fine dei suoi vice già uccisi. “E’ solo questione di tempo”, ha detto. Nel giorno in cui il Pentagono ha confermato di avere inviato truppe per sostenere un’operazione volta a prendere il controllo della diga di Tabqa, nei provincia siriana di Raqqa, la capitale siriana dell’Isis, dove si troverebbe anche il leader del Califfato Nero, Abu Bakr al Baghdadi, che “ha le ore contate”, ha detto il segretario di Stato Rex Tillerson.
L’ex Ceo di Exxon diventato capo della diplomazia Usa, ha inviato tutti a fare di più, “specialmente sul piano militare”, approfittando del fatto che i miliziani sunniti stanno perdendo territori sotto il loro controllo sia in Iraq sia in Siria. Serve poi scambiare più informazioni e fermare le attività online dell’organizzazione terroristica perché “un califfato digitale non deve fiorire al posto di quello fisico”, riferimento a come il web sia una parte cruciale della strategia dell’Isis, e che dunque va “contrastata con la stessa forza di quella usata sul campo”. Le 65 nazioni presenti all’incontro – tra cui anche l’Italia, rappresentata dal ministro degli Esteri Angelino Alfano – non hanno però ricevuto i dettagli sperati della rotta che la nuova amministrazione Trump intende dare alla lotta contro l’Isis. Il titolare della Farnesina porta però a casa il messaggio politico arrivato dagli Usa: “Che l’amministrazione americana vuole costruire fiducia nella relazione tra i partner della coalizione, chiede e offre scambio di informazioni”, ha detto il ministro. “La vecchia sicurezza prevedeva la custodia gelosa di informazioni e costruzione di muri fisici o informatici. La nuova sicurezza prevede invece l’abbattimento di muri informatici con procedure ovviamente di estrema cautela e certezza in termini di riservatezza, di scambio delle informazioni”, ha proseguito Alfano secondo cui una nuova leadership americana e all’Onu possono ridare slancio per gli sforzi alla stabilizzazione della Libia, un tema cruciale per il nostro Paese.
Su una cosa Washington è stata chiara: agli Usa “il degrado dell’Isis non basta”, va sconfitto: “Questo è l’obiettivo numero uno degli Usa nella Regione”, ha detto chiaramente Tillerson convinto che il leader dell’Isis abbia le ore contate. “I vice di Abu Bakr al Baghdadi sono morti, inclusa la mente dietro agli attacchi di Bruxelles e Parigi”, le capitali rispettivamente di Belgio e Francia colpite da terroristi rispettivamente un anno fa esatto e il 13 novembre del 2015. “E’ solo una questione di tempo prima che lo stesso Baghdadi faccia la stessa fine”. Lo stesso ottimismo è stato espresso dal primo ministro iracheno, Haider al-Abadi, secondo cui “stiamo dimostrando che Daesh [ossia l’Isis] può essere ucciso ed eleminato”. Secondo lui “non dovremmo perdere la concentrazione, non dovremmo dare a Daesh una seconda possibilità” anche perché la battaglia è ormai “all’ultimo stadio”. Le forze irachene, aiutate dalla coalizione, sono impegnate nella ricattura della parte occidentale della città di Mosul, a Nord della nazione. In Siria invece si aumenta la pressione per strappare Raqqa all’Isis, che in quella città vede la sua capitale di fatto. Raqqa è sempre più isolata ma la sua ricattura è complicata dalla situazione politica e diplomatica nella nazione presieduta da Bashar al-Assad (appoggiato dalla Russia).
Il Pentagono invece sostiene curdi e milizie arabe locali mentre la Turchia ha i suoi ribelli nella regione. Mentre gli Usa hanno promesso di fare la loro parte, nonostante la proposta di bilancio che prevede un taglio del 28% dei fondi al dipartimento di Stato, Tillerson ha spiegato che “la situazione sul campo richiede di più da tutti voi”. Tradotto: fate di più militarmente. Il capo della diplomazia statunitense ha infatti sottolineato che in Iraq e Siria, Washington “fornisce il 75% delle risorse militari a sostegno dei partner locali nella loro lotta contro l’Isis. Sul fronte degli aiuti umanitari e per la stabilizzazione, gli Usa forniscono il 25% [delle risorse totali] mentre la coalizione ne fornisce il 75%”. La “Global Coalition” è stata messa in guardia – “dobbiamo prevenire che il seme dell’odio metta radici altrove” – ma è rimasta senza indicazioni della rotta Usa. Subito dopo il suo giuramento, Trump aveva dato al Pentagono 30 giorni per analizzare i progressi nella lotta contro l’Isis; fino ad ora però ha agito basandosi sulla strategia del predecessore: sorveglianza, attacchi contro specifici target, training e fornitura di attrezzature alle forze locali impegnate sul campo. L’unica novità è stata la concessione di più libertà ai comandanti nel prendere decisioni sul campo di battaglia, una mossa da loro ben accolta ma che preoccupa chi teme azioni a scapito di civili. Mentre la riunione ministeriale iniziava, arrivava notizia di un attacco aereo che ha ucciso decine di civili nel nord della Siria. E mentre Tillerson emergeva dall’ombra in un ruolo che avrebbe scelto su consiglio della moglie, Londra veniva nuovamente colpita da un attacco.