Il 19 aprile entra in vigore l’obbligo di introdurre in etichetta l’indicazione dell’origine per i prodotti lattiero-caseari in Italia. E’ previsto dal decreto dei ministeri delle Politiche agricole e dello Sviluppo Economico del 9 dicembre scorso. Sono esclusi solo i prodotti Dop e Igp che hanno già disciplinari relativi all’origine ed al latte fresco già tracciato. In etichetta andrà indicata l’origine del latte: Italia, Paesi Ue, Paesi non Ue, a seconda della provenienza delle materie prime dei prodotti lattiero caseari a base di latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale e per il latte UHT. Solo per i prodotti con latte munto, condizionato e trasformato in Italia, si potrà scrivere in etichetta 100% latte italiano. Se non c’è questa dicitura vuol dire che almeno una fase del processo non è stata fatta nel nostro Paese. Per il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, “questo nuovo sistema rappresenta una vera e propria sperimentazione in Italia e consente di indicare con chiarezza ai consumatori la provenienza delle materie prime di molti prodotti come il latte Uht, il burro, lo yogurt, la mozzarella, i formaggi e i latticini”. In sostanza, “una tappa storica” per il ministro che annuncia che “per i cereali tra 10 giorni c’e’ una riunione con Bruxelles”. “Sulla filiera grano pasta – dice ancora – stiamo procedendo. Abbiamo proposto una etichettatura anche su questo punto, tra dieci giorni abbiamo una prima riunione tecnica con Bruxelles”.
Secondo gli ultimi dati Ismea Nielsen, gli italiani continuano a consumare meno latte e derivati, con una contrazione degli acquisti del 3% nei primi otto mesi del 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nella dieta quotidiana entrano sempre meno latte fresco e latte Uht (-4% per entrambi), ma crescono biologico e alta digeribilità (per quanto ancora con quote marginali). Non va meglio per i formaggi, soprattutto molli e a pasta semidura, mentre tengono quelli a pasta dura, stabili sui valori del 2015. Nel complesso si registra un calo del 2,7% a volume e del 3,3% a valore. Le uniche note positive vengono da yogurt, in crescita del 2%, e burro, con un incremento dell’1,6%, dovute al calo dei prezzi (la dinamica registra a valore -0,1% e -0,2% rispettivamente) e alla disponibilità di nuovi prodotti di importazione. Nove famiglie su dieci acquistano regolarmente yogurt, con un incremento del 2% rispetto al 2015: preferite le varietà intero (oltre il 50% degli acquisti) e light (il 25% degli acquisti) che presenta da tempo un trend in costante crescita. Flessione per probiotici e tipologie innovative, quali gli yogurt da bere e quelli bicomparto in vaschetta. Iper e supermercati, con una quota del 73% a volumi, rappresentano i canali di acquisto preferiti dagli italiani per questa tipologia di prodotti, anche se i discount stanno crescendo in modo sensibile.