Papa in Egitto, solidarietà ai copti e mano tesa all’islam

28 aprile 2017

“Chi fomenta le divisioni e i contrasti verso gli altri egiziani sulla base delle diversità religiose in realtà mira a distruggere questa unità e a destabilizzare l’Egitto”. Era la fine del 2010 e il cardinale Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti cattolici, tracciò un quadro molto più sfaccettato di certe letture di comodo che la facevano da padrona sui mass media internazionali. L’ultimo dell’anno una bomba aveva fatto morti e feriti tra i cristiani copti di una chiesa di Alessandria. Di lì a poco le proteste di piazza Tahrir avrebbero travolto il regime guidato allora da Hosni Mubarak, i Fratelli musulmani avrebbero conquistato democraticamente il potere e, due anni dopo, nel 2013, sarebbero stati deposti da un sanguinario colpo di Stato guidato da un altro generale, quel Abd al-Fattah al-Sisi (foto) che oggi accoglierà Papa Francesco nella terra del Nilo. Bombe contro i cristiani, sì, ma non per un “clash of civilization” tra islam e cristianesimo. “Avevo vissuto eventi simili negli anni Ottanta e Novanta, quando ero vescovo a Minya”, raccontò il leader dei 250mila cattolici egiziani in una intervista a “30 Giorni”, mensile diretto da Giulio Andreotti.

“Allora avevamo vissuto circa cinque anni di attacchi mortali contro i cristiani. Gli autori di quegli attacchi volevano sovvertire il regime, ma non ci sono riusciti. Quindi cominciarono ad attaccare direttamente la polizia e i rappresentanti del governo, fino a uccidere il grande imam di Al-Azhar. Il bersaglio era il regime, i cristiani erano solo il ponte di passaggio verso quell’obiettivo. Negli ultimi eventi – era il racconto di Naguib – si è detto che le forze di polizia che si erano ritirate nei primi tre giorni del sollevamento, e che così avevano aperto la strada a tutti gli atti di vandalismo che conoscete, avevano ricevuto quest’ordine dal ministro degli Interni, il quale voleva provare in questo modo che la sua persona era indispensabile per il presidente e per il regime. In quei giorni, nonostante l’assenza totale della polizia che abitualmente gestiva i posti di guardia davanti a ogni chiesa, non c’è stato nemmeno un attacco alle chiese. Questo fatto ha dato peso all’ipotesi, circolata particolarmente tra i cristiani, secondo cui – spiegava il porporato egiziano – lo stesso ministro dell’Interno aveva pianificato la strage di Alessandria, per giustificare un rafforzamento dei controlli di polizia. In ogni caso, la spontaneità delle sollevazioni giovanili e popolari ha spazzato via tutti gli eventuali calcoli criminosi”.

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Da allora molte cose sono cambiate in Egitto. Non – e l’opinione pubblica italiana lo ha scoperto con l’assassinio di Giulio Regeni – la natura autoritaria di un regime dietro la quale gli apparati dello Stato si scambiano colpi bassi. La doppia strage compiuta contro due chiese copte ortodosse la domenica delle Palme ha portato la firma del jihadismo. Il fantasma di una guerra di religione che Naguib scacciavasi riaffaccia. E Papa Francesco, che ha già contestato apertamente questa idea, vola in Egitto proprio per dimostrare che non è la contrapposizione ma la collaborazione delle fedi la via da percorrere, per portare la sua solidarietà ai “martiri” cristiani, certo, ma, prima ancora, per partecipare ad una conferenza internazionale di pace organizzata da Al-Azhar, il prestigioso ateneo sunnita che da mesi non manca di stigmatizzare le letture radicali ed estremiste del Corano – facendo felice Al-Sisi – ma non rinuncia neppure – innervosendo lo stesso Al-Sisi – di sottolineare che anche ebraismo e cristianesimo nella loro storia non hanno disdegnato l’uso della violenza. Le misure di sicurezza al Cairo saranno imponenti. Il timore di nuovi attentati è evidente. Ma il Papa, come ha fatto nei viaggi precedenti, anche quelli più a rischio come in Repubblica centrafricana, ha fermamente voluto che il veicolo sul quale viaggerà nella capitale egiziana sarà una berlina non blindata. Francesco non vuole essere asserragliato, non vuole, neppure con l’immagine dell’auto, essere lontano dal popolo egiziano.

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“Non ha mai pensato di rinunciare al viaggio – ha spiegato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nella consueta intervista ai media vaticani prima dei viaggi papali – proprio perché vuole rendersi presente, vuole essere lì dove ci sono situazioni di violenza, ci sono situazioni di conflitto, e in questo caso proprio in Egitto, e vuole essere messaggero di pace dove c’è più bisogno di annunciare e di operare per la pace. Certamente lo farà con la sua parola, nei vari incontri, ma lo farà soprattutto e prima di tutto con la sua presenza, una presenza di vicinanza, di solidarietà, di incoraggiamento. Quindi il Papa va proprio perché l’Egitto ha bisogno di qualcuno che annunci la pace e che cerchi di operare per la pace”. Il Papa parte oggi alle 10.45 dall’aeroporto romano di Fiumicino e arriva al Cairo alle 14, dove, dopo una veloce accoglienza ufficiale, si reca al palazzo presidenziale a Heliopolis e ha un incontro privato con Al-Sisi. Subito dopo, si reca ad Al-Azhar, dove incontra privatamente il grande imam Ahmad al-Tayyib, che l’anno scorso ha ricevuto in Vaticano riaprendo così i rapporti con la Santa Sede che erano stati congelati nell’era di Benedetto XVI, e poi con lui si trasferisce nell’aula dove si tiene una conferenza di pace internazionale – presente anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo – dove, verso le 16 pronuncia il suo primo discorso pubblico in suolo egiziano. Prevedibile la firma di una dichiarazione congiunta di pace. Sempre nella sede del prestigioso ateneo sunnita, il Papa incontra poi, verso le 16.40, le autorità, i diplomatici e i rappresentanti del mondo culturale e accademico egiziano, ai quali rivolge un discorso.

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Infine – terzo e ultimo discorso della giornata – si reca poco dopo le 17 in visita di cortesia a Sua Beatitudine Papa Tawadros II, guida dei copti ortodossi. In nunziatura, dove pernotterà, è previsto che il Papa incontri un gruppo di bambini della scuola comboniana, prima di cena, e un gruppo di ragazzi pellegrini al Cairo per la sua visita, dopo cena. Domani, sabato 30 aprile, il Papa inizia la giornata presiedendo messa alle 10 nello stadio della aeronautica militare. Nei giorni scorsi monsignor Emmanuel Bishay, vescovo di Luxor e presidente del Comitato organizzatore della visita di Francesco in Egitto, ha spiegato al Sir che “da una sala coperta attigua allo stadio del Cairo si è passati allo stadio dell’Aeronautica militare”, più capiente e più sicura dell’ipotesi originaria. Al suo arrivo, per salutare i fedeli Francesco farà un giro in golf car. Pranzo con i 15 vescovi della conferenza episcopale egiziana (“Assemblea della gerarchia cattolica” l’esatta definizione), guidata dal patriarca Ibrahim Isaac Sidrak. Alle 15.15, infine, il Pontefice incontra oltre mille tra sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi, ai quali rivolge il suo quinto e ultimo discorso. La partenza dal Cairo è prevista alle 17, l’arrivo all’aeroporto capitolino di Ciampino alle 20.30. Nel corso del viaggio il Papa parlerà in italiano, con traduzione simultanea o su grandi schermi a seconda degli eventi. Il viaggio, ha riferito la Sala Stampa vaticana, sarà trasmesso dalla televisione egiziana. Con lui sarà presente uno dei segretari personali del Papa, Yoannis Lahzi Gaid,copto egiziano di madrelingua araba.

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