Accompagnandolo in Svizzera a morire attraverso la procedura del suicidio assitito, Marco Cappato ha aiutato dj Fabo a esercitare un proprio diritto fondamentale, quello alla dignità umana, diritto che va posto sullo stesso piano a quello della vita. Si potrebbero sintetizzare così le argomentazioni giudiridiche scelte dal pm di Milano, Tiziana Siciliano, per chiedere l’archiviazione dell’indagine a carico di Marco Cappato, l’esponente radicale che si era autodenunciato dopo aver aiutato il 40enne Fabio Antoniani, rimasto tetraplegico e cieco dopo un grave incidente d’auto, a sottoporsi al suicidio assistito nella clinica Dignitas, vicino a Zurigo, ed era stato poi indagato con l’accusa di aiuto al suicidio. “Le pratiche di suicidio assistito – si legge nella richiesta di archiviazione firmata dal magistrato milanese – non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale e gravida di sofferenze ritenuta intollerabile e indegna dal malato stesso”. E ancora: “Non pare peregrino affermare che la giurisprudenza di rango costituzionale e transnazionale ha inteso affiancare al principio del diritto alla vita tout court il diritto alla dignità della vita inteso come sinonimo dell’umana dignità”. “Prendo positivamente atto della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Milano dopo le indagini svolte nei miei confronti in merito alla morte di Fabio Antoniani – dice Cappato -. In attesa della decisione del GIP, posso confermare che e’ in corso e continuera’ l’azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all’estero, l’interruzione delle proprie sofferenze, eventualmente anche attraverso l’assistenza medica alla morte volontaria in Svizzera”.
Secondo Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni per la liberta’ di ricerca scientifica, se le indagini portassero a una archiviazione “potremmo dire che l’azione di disobbedienza civile di Cappato rappresenta un precedente fondamentale”. In altri termini, “Cappato, con la sua azione, ha aperto le porte non tanto e non solo alla possibilita’ di aiutare le persone affette da malattie irreversibili a interrompere le proprie sofferenze insopportabili in Svizzera, ma a farlo in Italia. E’ questo l’obiettivo per il quale ci battiamo da sempre”. Nel provvedimento – 15 pagine in tutto – il magistrato sottolinea in sostanza che quello della dignità umana è un diritto fondamentale proprio come il diritto alla vita. E che il diritto alla dignità è esercitabile attraverso l’autodeterminazione delle proprie scelte. Il supporto fornito da Cappato a Fabiano Antoniani è stato dunque interpretato non come un aiuto al suicidio, ma come aiuto a esercitare un proprio diritto fondamentale: Dj Fabo ha infatti scelto autonomamente, senza condizionamenti esterni, di porre termine alla propria vita di sofferenza ricorrendo al suicidio assistito. Perché se avesse deciso di sospendere le cure che lo mantenevano in vita, staccando la spina del macchinario che lo faceva respirare artificialmente, sarebbe morto soffocato dopo giorni di agonia. E secondo il pm Siciliano, che nella sua richiesta di archiviazioni si è richiamata a diverse sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, alle pronunce sui casi di Eluana Englato e Piergiorgio Welby, facendo anche riferimento all’articolo 321 della Costituzione che vieta il trattamento sanitario obbligatorio, una morte fatta di tormenti e sofferenze contrasta con il diritto fondamentale della dignità umana.