Era annunciato come il “vertice del G7 più difficile” degli ultimi anni. E così è stato. L’intesa, questa sì totale, è solo sull’opportunità di tenere un fronte unico contro il terrorismo. Per il resto le distanze sono ancora considerevoli, sul clima e il commercio internazionale – i due scogli della vigilia -, ma anche sull’immigrazione. Su quest’ultimo punto la presidenza italiana avrebbe voluto un documento unanime e incisivo, preferibilmente una dichiarazione ad hoc, al di là del comunicato finale. Ma le buone intenzioni di Paolo Gentiloni, secondo quanto trapelato durante la prima difficile giornata dei lavori a Taormina, sarebbero state frenate dagli Stati uniti, che hanno acconsentito solo a quello che fonti italiane – facendo buon viso a cattivo gioco – hanno definito per ora un “buon compromesso”. Un risultato non certo soddisfacente per l’Italia e gli altri Paesi europei. Al punto che qualcuno, quando ormai i capi di Stato e di governo si preparavano alla cena offerta dal presidente Sergio Mattarella, diceva che “Trump non ha ancora dato agli altri Grandi ciò che loro avrebbero voluto”. Non a caso, alla vigilia dell’incontro in una Taormina blindata come mai, l’inquilino della Casa Bianca era stato indicato da alcune fonti diplomatiche come la grande “incognita” del vertice.
Il presidente Usa non ha smentito le previsioni: arrivato in Sicilia con il fardello dell’inchiesta sui legami con la Russia che ora coinvolge anche il genero e consigliere Jared Kushner, Trump ha mantenuto quelle che dall’Eliseo hanno definito “posizioni diverse” rispetto al suo predecessore Barack Obama. E così, perché il vertice di Taormina abbia davvero successo bisognerà negoziare ancora, al tavolo di presidenti e primi ministri e nel sottobosco degli sherpa. Molto frenetico il lavoro di quest’ultimi, costretti a limare più volte la bozza di dichiarazione finale, senza essere ancora giunti a una versione definitiva. Ci sarà tempo, in nottata e domani mattina per accorciare le distanze. “Trump ha intenzione di ascoltare cosa hanno da dire i leader europei” sull’Accordo di Parigi sul clima, ha detto il direttore del Consiglio economico nazionale statunitense, Gary Cohn. Ma deciderà cosa fare solo dopo il vertice, al suo ritorno negli Stati uniti. “C’è stata un’ottima discussione, ma gli Usa stanno ancora decidendo la loro posizione”, ha tagliato corto Theresa May. Una situazione di stallo che l’Eliseo ha diplomaticamente archiviato come “discussioni ancora aperte su argomenti sensibili”. “La presidenza italiana del G7 continua a lavorare alla stesura del comunicato finale e sono in corso contatti continui”, è stato spiegato.
Ma che non ci siano grandi speranze di progressi significati lo si evince anche dalla decisione della cancelliera Angela Merkel di non convocare una conferenza stampa di fine vertice. Il silenzio come scelta per tenersi le mani libere e giocare una nuova partita con Trump al G20 di Amburgo, nel prossimo mese di luglio. Al termine dei lavori, lo stesso Gentiloni – dando fondo a tutte le sue arti diplomatiche – ha spiegato che nella prima sessione del G7 c’è stata una “discussione diretta e sincera”, che si è tradotta “in punti di convergenza sulle maggiori questioni affrontate: dalla crisi siriana, alla crisi libica e della Corea del Nord”. Nessun cenno al contrasto all’immigrazione clandestina, dunque. Mentre sui “grandi temi del commercio internazionale si sta ancora discutendo, dopo che sono stati individuati “dei punti in comune su cui si può lavorare”. “C’è una questione”, ha commentato infine, “che resta sospesa”: quella dell’atteggiamento sugli accordi di Parigi sul clima “rispetto ai quali l’amministrazione Usa ha in corso una riflessione interna di cui gli altri Paesi hanno preso atto confermando il loro impegno totale”. La più soddisfatta, e non poteva essere altrimenti, è Theresa May, che questa sera ripartirà per Londra. Era venuta a Taormina con l’obiettivo di incassare il sostegno unanime del G7 dopo la strage di adolescenti a Manchester: la dichiarazione ad hoc firmata dai Sette Grandi va incontro ai desideri di Londra, assicurando unità di intenti e il massimo impegno a “raddoppiare gli sforzi” contro le organizzazioni terroristiche, i loro finanziatori e la propaganda in rete.