Tiene l’accordo sulla legge elettorale, e arriva l’emendamento del relatore Emanuele Fiano che ridisegna la legge elettorale secondo il sistema tedesco. Tempi accelerati, con i collegi disegnati direttamente da un altro emendamento per non sprecare i 30 giorni che sarebbero stati necessari con la delega, ed elezioni in autunno sempre più probabili. Tanto che Matteo Renzi respinge l’argomento più forte di chi vorrebbe arrivare a fine legislatura: paventare il rischio di esercizio provvisorio è “terrorismo psicologico”, perché se dalle urne esce una maggioranza, si fa un nuovo governo in tempi rapidi e sarà il nuovo esecutivo ad affrontare il problema. D’altro canto, se il risultato è frammentato e si fatica a creare una maggioranza, la manovra “la farà il governo Gentiloni”, che sarà comunque in carica. Insomma, per dirla come molti senatori, “difficile frenare il treno in corsa sulla legge elettorale, meno arduo sperare di non anticipare i tempi delle elezioni”. Renzi continua a ribadire la sua linea: “Si puo’ votare a ottobre. Succede in Germania e Austria, non si rischia un esercizio provvisorio, ma si puo’ votare anche in primavera”. Ma c’è una parte del gruppo dem a palazzo Madama che non intende accelerare: “Il Pd verrebbe indicato come il partito che porta il Paese al voto”, il ragionamento. Gia’ sulla ‘manovrina’ proprio a palazzo Madama, con il no di Mdp, i numeri sono ancora piu’ risicati.
“Ma settembre sarebbe ancora peggio”, e’ il ‘refrain’ dei renziani. Chi vuole la fine della legislatura nel 2018, invece, guarda al Capo dello Stato, convinto che si muovera’ per la stabilita’, per evitare qualsiasi pericolo sui conti. Ieri il premier Gentiloni ha ribadito che l’esecutivo e’ nella pienezza dei suoi poteri ma anche tra i ministri non renziani si fa largo l’idea che si rischia ora una fase di stallo e che ormai la direzione e’ quella delle elezioni anticipate. Nel mirino anche i tecnici del Mef che – sottolinea una fonte ministeriale – si oppongono strenuamente al piano del Pd sulle mosse legate ai provvedimenti economici. Questa settimana non c’e’ la riunione del Consiglio dei ministri, la prossima e’ prevista per venerdi’ o giovedi’. C’e’ l’eventualita’ di un nuovo decreto per il Mezzogiorno ma l’agenda non va oltre la manovra. Che la strada per le elezioni sia ormai imboccata a tutta velocità dal segretario Pd lo dimostrano le tensioni tra Renzi e Alfano che sono destinate a perdurare ma non dovrebbero comportare per ora scossoni all’esecutivo. Il leader di Ap ha affondato il colpo su Renzi che gioca sul voto utile: “Fin qui – ha argomentato il ministro degli Esteri – i governi li ha fatti cadere solo il Pd, peccato fossero i propri. Enrico Letta, Renzi e adesso vedremo se indurra’ anche Gentiloni alle dimissioni oppure lo sfiducera’. In tutti e tre i casi, il segretario del Partito Democratico e’ sempre lo stesso”. Pronta la risposta dell’ex premier: “Se sei stato cinque anni al governo, hai fatto il ministro di tutto e non prendi il 5% non e’ che possiamo fermare tutto”.
Ap oggi durante la riunione di gruppo alla Camera (domani ci sara’ la direzione) ha ribadito che puntera’ su una aggregazione di centro (sulla leadership sono in corso scaramucce con Parisi che pur premettendo di “non voler rottamare nessuno” dice no alle primarie e soprattutto chiede novita’ nelle liste e nei programmi) ma intanto cerchera’ di sbarrare la strada all’intesa Pd-Fi-Lega-M5s (presentera’ alcuni emendamenti su preferenze, governabilita’ e rappresentanza). L’auspicio di chi si oppone al ‘patto’ e’ che nei voti segreti si annidino delle trappole per fermare l’avanzata al voto. A difesa della soglia di sbarramento arriva anche una nota di Silvio Berlusconi, che fissa i suoi paletti: soglia al 5% e no a qualsiasi tipo di voto preferenza. Regge dunque l’accordo col Pd, che però – tiene a precisare il leader di Fi – “non prefigura alcun accordo politico per la prossima legislatura, nessuna grande coalizione, ma soltanto la corretta condivisione delle regole elettorali”. Ma chi non si fida è Andrea Orlando che chiede il referendum tra gli iscritti Pd per tracciare i confini delle possibili alleanze: “Una coalizione con la destra è un fatto innaturale”, e quello della coalizione di governo è un tema che dovrà coinvolgere tutto il partito”. Il tentativo di continuare a spingere il Pd verso Campo Progressista che ha visto oggi Giuliano Pisapia fare tappa a Bruxelles: il proporzionale è “un passo indietro” ma “accettiamo la sfida”, dice l’ex sindaco di Milano dal Belgio, perchè “abbiamo la responsabilità di aggregare tutte le forze politiche e sociali presenti nel Parse che negli ultimi anni non sono andate a votare o hanno votato turandosi il naso. Daremo loro una prospettiva di un nuovo, rinnovato centrosinistra”. Il prossimo appuntamento è il 1 luglio a Roma, e da Mdp arriva l’ok: “Ci saremo”, dice Arturo Scotto.