Il documento esplosivo di Comey: Trump mi chiese di chiudere l’indagine su Flynn

Il documento esplosivo di Comey: Trump mi chiese di chiudere l’indagine su Flynn
8 giugno 2017

L’appuntamento è stato paragonato al Super Bowl della politica: forse mai come prima d’ora tanta gente si piazzerà davanti al televisore o al pc per seguire in diretta l’audizione pubblica davanti ai membri dell’Intelligence del Senato, la prima da quando James Comey (foto), ex direttore deell’Fbi, fu silurato a sorpresa da Ronald Trump il 9 maggio scorso. Atmosfera da finale del campionato di football americano, le principali emittenti interromperanno la loro programmazione tradizionale per trasmettere l’evento. E alcuni bar apriranno in anticipo per offrire drink ispirati al presidente e al Russiagate. Il primo assaggio lo dà lo stesso Comey. Con una testimonianza scritta inviata al Senato degli Stati Uniti, l’ex direttore dell’Fbi ha confermato tutte le accuse al presidente americano diffuse nelle ultime settimane delle pagine dei giornali. Trump, ha scritto Comey, gli chiese di lasciare cadere l’inchiesta sui rapporti con l’Intelligence russa del consigliere per la sicurezza nazionale Micheal Flynn; di dichiarare pubblicamente che il presidente Usa non era indagato. Inoltre Trump gli chiese “fedeltà”. Quello di Comey è un documento potenzialmente esplosivo con cui oggi dovranno fare i conti i senatori della commissione Intelligence del Senato, davanti alla quale l’ex direttore dell’Fbi si presenterà per testimoniare. La descrizione fatta nel documento di sette pagine da Comey è molto dettagliata, cita date, discussioni e telefonate in modo preciso, ma soprattutto per la prima volta mette nero su bianco davanti al Congresso una serie di accuse molto pesanti sul tentativo del presidente di interferire nel lavoro del capo della polizia federale. Trump chiese a Comey di “lasciare correre” in riferimento all’inchiesta su Flynn, e ancora in una telefonata del 30 marzo disse a Comey che cosa si poteva fare per “spazzare via la nuvola”, chiedendo di dire pubblicamente che il presidente americano non era indagato e ricordando che l’inchiesta sui rapporti tra la campagna elettorale di Trump e l’intelligence russa stavano danneggiando la sua capacità di governare. Comey rispose che l’Fbi “stava indagando il più velocemente possibile”.

“Spero che tu possa trovare il modo con cui lasciare cadere la cosa. È un bravo ragazzo. Spero tu possa lasciare cadere la cosa”, disse Trump di Flynn. L’ex direttore dell’Fbi disse solo che “è un bravo ragazzo”, ma non che il caso sarebbe stato chiuso, cose che infatti non avvenne. Sempre nel documento, Comey ricorda anche che dopo il primo faccia a faccia con Trump, avvenuto il 6 gennaio, l’ex direttore dell’Fbi decise di iniziare a scrivere un memo, cosa che non aveva mai fatto in passato. “Per garantire accuratezza, ho iniziato a scrivere su un laptop da dentro una vettura dell’Fbi fuori dalla Trump Tower”, dove avvenne il primo incontro tra i due. Nel documento ricevuto dal Senato Comey scrive che in tutto ha avuto nove conversazioni private con Trump in quattro mesi, tre di persona e sei al telefono”. Comey inoltre conferma di aver parlato con l’ex presidente Barack Obama solo di persona e mai al telefono, una nel 2015 e poi, ma brevemente, nel 2016, per un saluto prima della fine del suo mandato. Per quanto riguarda la questione della fedeltà al presidente, Comey conferma che nel corso di una cena del 27 gennaio, Trump gli disse: “ho bisogno di lealtà. Mi aspetto lealtà”. Ma Comey rispose: “Da me avrai sempre onestà”. Trump cercò anche di capire se Comey era disposto a continuare a guidare l’Fbi fino alla fine del suo mandato di dieci anni, che sarebbe dovuto terminare nel 2023. Alla fine Trump senza alcun preavviso decise di licenziarlo, portando poi una serie di motivazioni contrastanti e in un caso confermando che la decisone di cacciarlo era in parte legata all’indagine russa. Ma oggi i senatori dovrebbero mettere sotto pressione Comey, chiedendo di confermare davanti al Congresso che l’intelligence russa ha cercato di intervenire nelle elezioni americane per favorire Trump. Una questione ormai accettata da quasi tutti i politici a Capitol Hill, che Trump continua a negare. Intanto, Trump annuncia su Twitter il nuovo capo del Federal Bureau of Investigation (Fbi), che prenderà proprio il posto di James Comey, silurato dallo stesso presidente un mese fa: “Nominerò Christopher A. Wray, un uomo con credenziali impeccabili, come nuovo direttore dell’Fbi. Dettagli a seguire”.

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COSA E’ RUSSIAGATE

Rivelazioni, incontri segreti e materiale compromettente. E’ quanto ruota intorno al ‘Russiagate’, l’inchiesta dell’intelligence americana relativa a presunte intrusioni russe nelle ultime elezioni presidenziali statunitensi che coinvolge anche il presidente Donald Trump. Secondo il rapporto messo a punto dalle agenzie di intelligence americane la campagna puntava inizialmente a minare la fede del pubblico nel processo democratico, a “denigrare” la candidata democratica Hillary Clinton e a danneggiare la sua futura presidenza. Successivamente la Russia ha “sviluppato una chiara preferenza per il presidente eletto Trump”, si legge nel rapporto elaborato da Cia, Fbi e il Direttore della National Intelligence. Le prime indiscrezioni emersero già durante la campagna elettorale, quando il New York Times rese nota l’esistenza di due indagini condotte dall’Fbi durante l’estate riguardanti sia Hillary Clinton che il capo della campagna di Trump Paul Manafort. Tuttavia il Bureau, su richiesta del Dipartimento di Giustizia, acconsentì a tenere congelate le indagini visto l’approssimarsi delle elezioni. Seguirono nuove rivelazioni su ripetuti contatti tra i consiglieri di Trump e l’intelligence russa, che portarono alle dimissioni dell’allora consigliere per la Sicurezza nazionale Michael Flynn. Notizie puntualmente smentite dal presidente statunitense e bollate più volte come “false informazioni”, che oggi tornano sotto i riflettori.

 

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