I deputati indiani votano oggi per eleggere un nuovo presidente, con la certezza che sarà un “Dalit”, un intoccabile. La carica è ampiamente onorifica, ma l’elezione promette di rafforzare il controllo del premier Narendri Modi sulle istituzioni. Il partito di Modi, il conservatore Bharatiya Janata Party (BJP) ha nominato Ram Nath Kovind (foto,dx), un ex avvocato di 71 anni, esponente della più bassa casta indiana. Il suo principale sfidante è Meira Kumar (foto,sx), indicato dal partito del Congresso e a sua volta un Dalit. Sono circa 4.900 gli eletti – sia membri di entrambe le camere del parlamento federale che delle assemblee dei singoli Stati – chiamati in tutto il Paese a votare per il nuovo presidente e il risultato sarà reso noto giovedì, tuttavia viene data per praticamente certa la vittoria di Kovind, dato che il BJP ha i numeri sufficienti in termini di collegi elettorali per imporre il proprio candidato. In India il potere esecutivo fa capo al primo ministro, ma il presidente ha facoltà di rinviare alcune leggi all’esame del parlamento per modifiche e influenza il processo di formazione del governo. Salvo inattese sorprese, sarà la seconda volta che un Dalit arriva al vertice dello Stato indiano. Per Modi si tratta di un ulteriore rafforzamento del suo potere: la candidatura di Kovind – contestata dai rivali del premier per i legami del candidato al movimento della destra estremista Rashtriya Swayamsevak Sangh – è un chiaro messaggio alla casta che oggi può ricorrere alla legge per invocare protezione ma che resta comunque ai margini della società indiana, simbolo di povertà ed esclusione. Sui circa 1,3 miliardi di abitanti dell’India, i Dalit sono circa 200 milioni.