Mafia Capitale, cade 416bis ma le condanne sono dure. Pm: “Sentenza in parte ci dà torto”

20 luglio 2017

Un po’ ‘Mafia Capitale’ ma molto di più corruzione e generale malaffare. La sentenza del processo sul ‘Mondo di mezzo’ di Massimo Carminati (foto dx) e Salvatore Buzzi (foto sx) squarcia il silenzio dell’aula bunker di Rebibbia e riporta le cose, gli atti, sotto gli occhi di tutti, fuori dal calendario di oltre 230 udienze e lungo 20 mesi, ma ben dentro il tessuto della città, di Roma per come venne scoperta nel dicembre 2014 da una inchiesta dei carabinieri del Ros e dei militari della Guardia di finanza. La esclusione della presenza del sodalizio mafioso, ex art 416 bis del codice penale, e la ‘non presenza’ dell’aggravante del “metodo mafioso” prevista dal dall`art. 7 D.L. 152/1991 conv. con L. 203/1991, sono ingredienti di una ricetta indigesta per gli inquirenti, secondo i difensori di molti degli imputati. Sotto accusa non ci sono solo 46 persone, ma una realtà composita, sfaccettata, comprensiva di uomini politici e manager di lungo corso, ma anche di semplici operai o gestori di pompe di benzina. Il quadro che traccia il tribunale è quello di due associazioni a delinquere semplici, e questo giustifica un sensibile abbassamento della pena sia per Buzzi e Carminati, ma soprattutto per gli imputati minori, che si vedono riconosciute pene molto contenute, rispetto a quanto si potesse pensare. Per questo alla fine i difensori sottolineano come sia caduta l’accusa più grave e che Roma “non è sporca di mafia”. Restano però quelle sanzioni dure inflitte da un collegio che ringrazia i collaboratori, rende omaggio alle parti ed alla fine forse scontenta tutti.

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I quasi tre secoli di condanne, da uno a 20 anni di reclusione, per i 41 soggetti riconosciuti colpevoli sono una doccia gelata sugli entusiasmi, dentro e fuori la cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, che non rilascia alcun commento e si trincera dietro alle parole dell’aggiunto Paolo Ielo, pronunciate a caldo ed in mezzo ad una ressa di telecamere degne di uno sbarco sullo Luna o di una finale di coppa del mondo. Rispondendo agli interrogativi delle telecamere il magistrato, che coordina il gruppo dei reati in danno della pubblica amministrazione, ha spiegato: “E’ una sentenza che in parte ci dà torto, per quanto riguarda la qualificazione giuridica, ed in parte riconosce la bontà del nostro lavoro”. Ielo ha poi aggiunto, tenendo a stento a bada la confusione: “La sentenza riconosce l’esistenza di un’associazione a delinquere semplice ed aggravata. E’ stato un fenomeno di criminalita’ organizzata ma non di tipo mafioso”. E poi ha chiarito che sono “state riconosciute due distinte organizzazioni criminali”. E’ quell’elenco che si legge nella prima pagina della sentenza e che deve aver fatto disperare quelli che dal fondo ascoltavano e poi alla fine si sono abbracciati. Secondo questa costruzione giuridica hanno agito due associazioni per delinquere ‘semplici’: una che faceva capo a Carminati, con i suoi diversi bracci destri, Riccardo Brugia, Matteo Calvio e Roberto Lacopo; e un’altra associazione riconducibile sempre agli stessi Brugia e Carminati insieme con il ‘ras’ delle cooperative Salvatore Buzzi, Claudio Caldarelli, Nadia Cerrito, Paolo Di Ninno, Agostino Gaglianone, Alessandra Garrone, Luca Gramazio, Carlo Maria Guarany, Cristiano Guarnera, Giuseppe Ietto, Franco Panzironi, Carlo Pucci e Fabrizio Franco Testa.

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Gli elementi di fatto sono che non è stato riconosciuto il 416 bis e neppure l’aggravante del metodo mafioso, si ragiona fuori dal carcere di via Tiburtina, ben lontano dal caldo riarso del carcere. Ma “sono state date anche condanne alte”, ha detto Ielo. “Rispettiamo la decisione dei giudici anche se ci danno torto in alcuni punti – ripete – mentre in altri riconoscono il lavoro svolto in questi anni. Attenderemo le motivazioni e poi faremo appello”. E’ una battaglia e non la fine della guerra, è un momento, ma da altre parti è stata affermata la ragione, il senso di una vicenda umana e processuale che ha portato in cella Carminati, Buzzi e tutti gli altri. L’avvocato Alessandro Diddi, difensore di Buzzi, ha spiegato appena fuori dal penitenziario di Rebibbia: “Bisogna dirlo chiaro: la Procura ha perso, per lungo tempo si è insistito sulla realtà mafiosa e poi alla conta dei fatti i giudici hanno fatto a pezzi il quadro proposto dalla pubblica accusa. E questo in presenza di una vicenda in cui c’è un reo confesso, Buzzi, eppure i pm si lambiccano sulla sua credibilità quando poi con la sentenza c’è stata una decisione forte sulle corruzioni e su un panorama di mazzette e favori che fa impallidire chi ha gestito la cosa pubblica a Roma e non solo”. Il legale di Carminati, l’avvocato Giosuè Bruno Naso, ha detto: “La mafia a Roma non esiste. C’è stata una severità assurda, insolita”, ha aggiunto penalista sottolineando: “Non si è mai visto che su 46 imputati nemmeno uno meriti le circostanze attenuanti generiche. Sono quindi delle pene date per compensare lo schiaffo morale che è stato rivolto alla Procura”.

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TUTTE LE CONDANNE Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Riccardo Brugia (11 anni), Emanuela Bugitti (6 anni), Salvatore Buzzi (19 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Calvio (9 anni), Massimo Carminati (20 anni), Nadia Cerrito (5 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Mirko Coratti (6 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Alessandra Garrone (13 anni e mezzo), Luca Gramazio (11 anni), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Roberto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Menichelli (5 anni), Michele Nacamulli (5 anni), Luca Odevaine (6 anni e 6 mesi, che diventano 8 in continuazione con due precedenti patteggiamenti), Franco Panzironi (10 anni), Pier Paolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Daniele Pulcini (1 anno), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scozzafava (5 anni), Andrea Tassone (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Giordano Tredicine (3 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo). Assolti Giovanni Fiscon, Giuseppe Mogliani, Fabio Stefoni, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero.

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