Un paese profondamente diviso, con un governo a Tripoli e un’autorità parallela a Tobruk, rivalità regionali e tribali profonde, personalità politiche e militari in lotta per il potere, milizie e sacche jihadiste a briglia sciolte. Dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, la Libia è precipitata in una crisi senza ritorno che, proprio in queste roe, il presidente francese Emamnuel Macron (foto cx) spera di arginare almeno in parte. L’inquilino dell’Eliseo ha invitato a Parigi il capo del governo di accordo nazionale Fayez al Sarraj (foto sx) e l’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar (foto dx). L’obiettivo, senza troppe illusioni né aspettative eccessive, sarebbe quello di giungere a una “dichiarazione congiunta”, da utilizzare come “road map politica” nel Paese. Secondo alcune fonti vicino all’Eliseo, citate oggi dal quotidiano Aharq al Awsat, l’eventuale “Dichiarazione di Parigi” non sarebbe “una soluzione politica alla situazione in Libia”, ma offrirebbe “principi e visione comune per una soluzione”. Se sottoscritta dalle due parti, si tratterebbe di un successo per la Francia, al di là del successo diplomatico già ottenuto da Macron con la convocazione in Francia dei due rivali sul teatro libico. Nessuna indiscrezioni è emersa sull’ora dell’incontro, previsto al castello La Celle, nel sobborgo Saint-Claude di Parigi.
Al vertice dovrebbe essere presente l’inviato Onu Ghassan Salamé. Ma il colloquio tra Sarraj e Haftar si preannuncia tutt’altro che facile. Sappiamo quanto è difficile la situazione in Libia e quanto è difficile uscire da questa situazione”, ha spiegato ieri l’ambasciatore d’Italia in Libia, Giuseppe Perrone. “Non c’è un singolo incontro che possa risolvere una crisi, tanto più che ci sono tante personalità che per portare la Libia a una soluzione duratura dovrebbero essere coinvolte”.La formazione di un esercito unificato rimane una delle sfide più importanti, in particolare perché la Libia è diventata un centro di contrabbando di armi, ma soprattutto il cuore pulsante del traffico di migranti verso l’Europa, attraverso il Mediterraneo. Sarraj sarebbe anche disposto, almeno a parole, a concedere un ruolo di massimo rilievo al generale Haftar, ma assoggettando il potere militare a quello politico. Un’eventualità che, fino a questo momento, è sempre stata esclusa dall’uomo forte della Cirenaica che, invece, reclama per sé ogni autorità.
Il controllo e la tutela delle grandi risorse petrolifere del Paese è l’altro tema di grande importanza. La Libia detiene le maggiori riserve di petrolio in Africa, ma i molteplici conflitti nel Paese hanno impedito il pieno sfruttamento di queste risorse. La chiusura della maggior parte dei giacimenti di petrolio e dei terminal dal 2014 è costata oltre 130 miliardi di dollari (111 miliardi di euro) al Paese. Dal momento della riapertura del porto di Ras Lanuf nel mese di settembre 2016, le esportazioni di greggio sono riprese hanno ripreso e la produzione ha superato la barra dei 760.000 barili al giorno, ha annunciato a maggio scorso la compagnia petrolifera nazionale. Il Prodotto interno lordo libico è crollato al 2,5% nel 2016, secondo la Banca Mondiale, la metà del suo valore prima del 2011. L’alta disoccupazione, la scarsità di energia, carburante e acqua, la crisi di liquidità, una svalutazione senza precedenti della moneta nazionale, preoccupano non poco e stanno soffocando ogni minima speranza di crescita in un paese in cui il sabotaggio di impianti elettrici, il furto di cavi, la distruzione delle infrastrutture e le minacce contro i tecnici si sono moltiplicate negli ultimi mesi. “Proprio perché la situazione in Libia è frammentata, soprattutto dal punto di vista della sicurezza, è ovvio che non possiamo aspettarci da un mero incontro tra Sarraj e Haftar la soluzione di un problema di questo tipo”, ha commentato Perrone.