Un’ora di colloquio a porte chiuse. E pazienza se Ghassan Salamé ha scelto la Francia, non l’Italia, per la sua prima missione diplomatica in Europa (in occasione dell’incontro a Parigi tra Fayez al Sarraj e Khalifa Haftar il 25 luglio). Il risultato è valso l’attesa. Perché questa mattina alla Farnesina, l’inviato dell’Onu per la Libia e Angelino Alfano hanno concordato su molti punti. Ma soprattutto su due “questioni di fondo”: “l’Onu deve prendere una leadership molto forte sul dossier libico”, perché – parole di Angelino Alfano – i “troppi negoziati” e le “troppe mediazioni” di queste settimane hanno prodotto “zero risultati”; le Nazioni unite ritengono che la missione italiana di sostegno alla Guardia costiera libica per la gestione dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo sia “la giusta via” per una soluzione della crisi. Si tratta, chiaramente, di due aspetti di una crisi che stanno a cuore a entrambi. Perché è evidente che, al di là delle formalità di rito, al governo italiano e al ministro degli Esteri davvero poco è piaciuto l’intervento a gamba tesa del presidente francese Emmanuel Macron, che ha convocato a Parigi i due principali attori del panorama politico-militare libico, dopo mesi di duro lavoro diplomatico italiano per una soluzione del caos libico: il premier di Tripoli al Sarraj e l’uomo forte della Cirenaica, Haftar. “Troppi negoziati e troppi negoziatori, troppi mediatori e troppe mediazioni, con zero risultati finali”, ha commentato oggi Alfano, rifilando una bordata neppure tanto velata a Parigi e chiedendo all’Onu un “cambio di passo”.
La svolta, secondo il ministro – ma anche Salamé concorda -, non può che essere l’affidamento all’inviato dell’Onu di “una leadership molto forte”, una “reductio ad unum dei formati negoziali”, ponendo la vicenda libica “in testa alla priorità dell’agenda politica internazionale”. “L’instabilità in Libia non è una partita di serie B, ma una priorità assoluta. E questo deve essere riconfermato”, ha aggiunto Alfano. Un ruolo strategico che l’Onu dovrà giocare facendo leva sull’esperienza dell’Italia nello scacchiere libico, evitando iniziative estemporanee e non coordinate. Necessario, invece, intraprendere azioni a più livelli, coinvolgendo i Paesi confinanti con la Libia, promuovendo un’azione europea per contribuire a porre fine al traffico di esseri umani, sostenendo l’economia del Paese, promuovendo il dialogo tra tutti gli attori coinvolti. Un invito che Salamé ha raccolto e fatto suo. Per risolvere la crisi in Libia, l’Onu ha “bisogno di parlare con tutti i libici, con tutte le regioni del Paese”, “non soltanto con politici”, ma anche “con rappresentanti della società civile, giovani e donne”, ha spiegato. E a questa regola non fa eccezione neppure Haftar. Salamé ha discusso con il generale della Cirenaica a Parigi a fine luglio. “L’ho incontrato per due ore quando è stato lì”, ha confermato. “Capisco che Haftar abbia un impatto su una parte della Libia, ha seguaci nel popolo libico, è sicuramente un uomo militare, forse potrebbe avere ambizioni militari e politiche”, ha ricordato l’inviato dell’Onu. “Ma ogni libico ha diritto di decidere quale posizione perseguire, non spetta a me decidere chi deve avere un ruolo politico in Libia e chi no”, ha insistito, precisando che “sarebbe poco realistico per il rappresentante speciale dell’Onu ignorare questa forza in questa Parte del paese”.
Non la ignora neppure l’Italia, specie dopo le minacce del generale libico contro la missione navale italiana di sostegno alla Guardia costiera libica. Una missione che il nostro Paese ha avviato su esplicita richiesta di Sarraj, ha ricordato ancora una volta il ministro Alfano, e che, tra l’altro, ha lo scopo di evitare che i proventi illeciti dei trafficanti di uomini finiscano per essere fonte di indebolimento delle già fragilissime istituzioni libiche. Stamane il governo ha incassato il sostegno dell’Onu. Non sono state solo parole di circostanza quelle espresse da Salamé in proposito. La missione italiana è “la giusta via” per una soluzione della crisi, ha detto. “Sono consapevole che ci sono state delle discussioni in Libia su questo tema, ma credo che la cooperazione e la trasparenza nel rapporto bilaterale Italia-Libia sia il modo più costruttivo” per ottenere dei risultati, ha aggiunto. Secondo l’inviato Onu, d’altra parte, “ogni Paese ha il diritto assoluto di controllare i suoi confini e il modo migliore è la cooperazione con i paesi limitrofi”. Un via libera, quello di Salamé, che arriva all’indomani di una giornata scivolosa per il governo, contrassegnata dall’assenza del titolare del Viminale Marco Minniti dal Consiglio dei ministri, in aperta polemica con il fronte cattolico dell’esecutivo, più attento e sensibile alle questioni strettamente umanitarie delle operazioni al largo della Libia per il controllo dei flussi migratori. Tensioni che hanno richiesto l’intervento del premier Paolo Gentiloni e del presidente Sergio Mattarella. “Sono contrario ad ogni derby tra rigore e umanità, tra regole e solidarietà, tra sicurezza e diritti umani”, ha tagliato corto Alfano. “Questo derby non fa per noi. L’Italia deve continuare ad essere il paese che ha sposato sicurezza e umanità”.