Rimini, 20enne congolese nega le violenze. Ma i minori lo inchiodano

Rimini, 20enne congolese nega le violenze. Ma i minori lo inchiodano
4 settembre 2017

Lo hanno interrogato fino a sera, ma per tutto il tempo ha negato di avere sfiorato anche solo con un dito una donna. Peccato che oltre alle testimonianze delle vittime, alle immagini delle telecamere di sorveglianza, ai pedinamenti e ai movimenti registrati dagli smartphone in suo possesso, si è aggiunta l’ammissione fatta da almeno due di quelli che fino a poche ore dell’arresto erano i suoi complici: G.B., congolese di 20 anni, “è lui che ci ordinava cosa fare quella sera”. Il racconto è dei due fratelli marocchini di 15 e 16 anni che sabato pomeriggio si sono presentati nella caserma dei carabineri di Montecchio di Pesaro per costituirsi. In quei minuti gli uomini della squadra Mobile di Rimini e dello Sco fermavano un nigeriano di 17 anni, e iniziavano a pedinare l’unico maggiorenne del branco che la notte tra il 25 e 26 agosto a Miramare hanno picchiato selvaggiamente un turista polacco, stuprato la compagna di 26 anni e, un’ora più tardi, violentato e picchiato una transessuale peruviana lungo la statale adriatica che porta a Riccione. La fuga, in treno, del congolese è durata poche ore. Domenica G.B. è stato ascoltato dal pm della procura romagnola che hanno riconvocato in questura a Rimini la transessuale per il riconoscimento ufficiale.

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I tre minorenni, invece, sono già stati trasferiti al carcere minorile “Pratello” di Bologna e, a quanto si apprende, hanno negato di aver compiuto violenze sessuali, ma solo di aver picchiato i turisti. I due fratelli, nati in Italia da genitori marocchini, avevano precedenti con la giustizia per furti e minacce. Il procuratore per i minorenni di Bologna, Silvia Marzocchi, nel decreto di fermo nei confronti dei minorenni parla di “turpi, brutali e ripetuti atti di violenza”. Intervistata dal “Corriere della Sera”, Francesca Capaldo, capo della sezione dello Sco che ha arrestato il ventenne a bordo del treno diretto verso Milano, ha riferito di essersi trovata davanti a ragazzi “mansueti” durante gli interrogatori: “invece il racconto delle due donne, le lesioni che hanno inferto loro, dimostrano che sono riusciti a tirare fuori una forza brutale. Erano accaniti in maniera bestiale, non mi era mai capitato di vedere una cosa del genere tra estranei – ha spiegato la poliziotta -. Può accadere nelle violenze in famiglia, quando c’è un rancore pregresso. Così è assurdo, non dimenticherò facilmente il terrore che ho letto sul volto della ragazza polacca”.

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