Il tema delle vaccinazioni entra prepotentemente nelle discussioni sul bilancio dello Stato. A sostenere la validità dell’inserimento nei Livelli essenziali di assistenza del Piano nazionale di prevenzione vaccinale che da quest’anno estende le vaccinazioni gratuite per gli ultrasessantacinquenni anche contro lo pneumococco, le polmoniti batteriche e l’herpes zoster, è un lavoro presentato dagli esperti di health technology assessment. Uno studio condotto dall’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha sede a Roma, misura in circa un miliardo di euro annuo il costo complessivo e l’impatto fiscale della mancata vaccinazione e la conseguente malattia della popolazione attiva in Italia. Una cifra a cui va evidentemente sommato il carico economico legato alla mancata adesione alla campagne vaccinali delle persone già in pensione che, altri studi precedenti indicano in 500 milioni di euro l’anno per la sola vaccinazione antipneumococcica. In un’ottica di sostenibilità e di finanziamento dei servizi di welfare, l’impatto fiscale della vaccinazione antinfluenzale e contro le polmoniti batteriche e il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, diventa un tema strategico per i conti dello Stato oltre che per la stabilità economica delle famiglie.
E’ la prima volta che – grazie all’applicazione delle metodologie dell’health technology assessment – vengono valutati gli effetti delle mancate vaccinazioni sul gettito fiscale, sulle mancate retribuzioni e sul conseguente calo di produzione e vendita di beni e servizi. L’influenza, le polmoniti da pneumococco e l’Herpes Zoster e le sue complicanze, generano costi che gravano sul sistema sanitario, sui pazienti e sulla spesa sociale in generale. Ma oltre a ciò, nessuno studio ha ancora quantificato l’impatto sulla riduzione di gettito fiscale conseguente ai mancati redditi percepiti dai lavoratori che si ammalano. E’ noto infatti come gli assegni di malattia a carico dei datori di lavoro e della previdenza sociale, non coprano le retribuzioni nella loro interezza ma si fermino a retribuire lo stipendio tabellare, senza considerare le indennità di turno, di presenza, la produttività eccà). Questo fenomeno è ancora più rilevante dal momento in cui le categorie di lavoratori maggiormente a rischio di contrarre tali infezioni sono quelle delle Forze dell’Ordine, del Personale Sanitario eccà per i quali le indennità legate alla turnazione rappresentano una voce importante della busta paga, variabile fra il 15% ed il 33% della retribuzione.