Trapani, sequestro beni a mercante d’arte in rapporti con i Messina Denaro

15 novembre 2017

La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha eseguito un decreto di sequestro dell’intero patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile a Giovanni Franco Becchina, 78enne, noto commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore storico-archeologico. Becchina, originario di Castelvetrano, in provincia di Trapani, e’ stato titolare in passato di una galleria d’arte a Basilea, in Svizzera, nonche’ di imprese operanti in Sicilia nei settori del commercio di cemento, nella produzione e commercio di prodotti alimentari e olio d’oliva esportato con successo. Il provvedimento di sequestro colpisce aziende, terreni, conti bancari, automezzi, ed immobili, tra i quali l’antico castello Bellumvider di Castelvetrano, la cui edificazione si fa risalire a Federico II, nei secoli successivi eletto a residenza nobiliare del casato Tagliavia – Aragona – Pignatelli, principi di Castelvetrano. Difficile quantificare il valore dei beni in sequestro d’interesse storico – architettonico, che, comunque secondo gli investigatori e stimabile in svariati milioni di euro. Il provvedimento di sequestro e’ stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Penale e Misure di Prevenzione a seguito di richiesta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dalla Procura della Repubblica Distrettuale di Palermo – Gruppo Misure di Prevenzione. Il provvedimento di sequestro e’ stato emesso dal Tribunale di Trapani – Sezione Penale e Misure di Prevenzione a seguito di richiesta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale avanzata dalla Procura della Repubblica Distrettuale di Palermo – Gruppo Misure di Prevenzione.

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Secondo la ricostruzione degli investigatori della DIA di Trapani, incaricati delle indagini, per oltre un trentennio Giovanni Franco Becchina avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti archeologici, molti dei quali trafugati clandestinamente nel piu’ importante sito archeologico della Sicilia (Selinunte) da tombaroli al servizio di cosa nostra. Alle indagini ha collaborato la polizia giudiziaria elvetica, attivata dalla Procura della Repubblica di Palermo con rogatoria internazionale, A gestire le attivita’ illegali legate agli scavi clandestini ci sarebbe stato l’anziano patriarca mafioso Francesco Messina Denaro, poi sostituito dal figlio latitante Matteo Messina Denaro. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, ci sarebbe stato proprio Francesco Messina Denaro Francesco, dietro il furto del famoso Efebo di Selinunte, statuetta di grandissimo valore storico archeologico trafugata negli anni Sessanta e poi recuperata . Il ruolo del mercante d’arte nel fiorentissimo traffico internazionale di reperti archeologici, di durata trentennale, ricostruisce sempre la Dia, e’ stato attestato nella sentenza emessa il 10 febbraio 2011 dal gup di Roma, mentre l’esistenza di cointeressenze economiche con esponenti di spicco della consorteria mafiosa, oltre che dalle dichiarazioni di numerosi e qualificati collaboratori di giustizia (Rosario Spatola, Vincenzo Calcara, Angelo Siino, Giovanni Brusca) e’ stata accertata, in via definitiva, dal Tribunale di Agrigento che, al termine del procedimento di prevenzione celebratosi a carico del noto imprenditore mafioso Rosario Cascio Rosario, con decreto del 21 giugno 2011 ha disposto, tra l’altro, la confisca della Atlas Cementi S.r.l., societa’ costituita nel 1987 proprio da Becchina e della quale Cascio era entrato a far parte nel 1991.

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