In un mondo con la Cina sempre più protagonista e impegnata a guardare a Occidente, anche il Giappone cerca di non stare fermo, a non farsi relegare a paese, anche importante, dell’Asia orientale. Così oggi Tokyo ha raggiunto con l’Unione europea il lungamente negoziato accordo di libero scambio. “La finalizzazione dei negoziati dimostra la forte volontà politica del Giappone e dell’Ue di continuare a innalzare alta la bandiera del libero scambio”, hanno detto in un comunicato comune il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il primo ministro nipponico Shinzo Abe. “L’Ue e il Giappone – continua – s’impegnano a far funzionare l’economia mondiale sulla base dei liberi mercati, aperti ed equi, valorizzando pienamente i nostri valori, combattendo la tentazione del protezionismo”. Il discorso sembra prevalentemente diretto al presidente degli Stati uniti Donald Trump, che col suo messaggio “America First” fa sempre più leva sul protezionismo economico, un passaggio che rischia d’isolare gli Usa e di lasciare spazio ad altre potenze economiche, a partire dalla Cina che, con la sua iniziativa One Belt One Road punta a “riaprire le Vie della Seta” integrando con corridoi di trasporto le due estremità dell’Eurasia e mettendo così in connessione due dei più grandi mercati del pianeta. Di converso, Trump ha tagliato corto su progetti come il Partenariato trans-Pacifico (TPP), il quale puntava a costituire un mercato aperto che avrebbe inglobato oltre il 40 per cento del commercio mondiale, creando profonda delusione nei partner che per anni avevano negoziato su questo progetto e, tra questi, proprio il premier giapponese Abe, il quale fino alla fine ha cercato di convincere Trump, non riuscendovi nonostante sia il leader mondiale considerato in migliori rapporti con l’attuale inquilino della Casa bianca.
La decisione di Trump di abbandonare il TPP ha di fatto spinto il Giappone a puntare molto più decisamente sulla possibilità di raggiungere l’accordo di libero scambio con l’Europa, i cui negoziati per anni erano stati abbastanza sonnecchianti. A luglio si era raggiunto un accordo sui principi. “Si tratta di un accordo con un’importanza economica enorme”, ha insistito venerdì la commissaria europea al Commercio Cecilia Malstroem. “E’ – ha aggiunto – il più grande accordo commerciale che l’Ue abbia mai negoziato”. L’Ue è il terzo partner commerciale del Giappone, mentre il Sol levante è il sesto per l’Europa. L’accordo ora dovrà essere sottoposto agli Stati membri e al Parlamento europeo perché entri in vigore nel 2019, ha precisato Malstroem, senza fare riferimento a un’eventuale ratifica da parte dei parlamenti nazionali. Proprio la questione della ratifica degli Stati membri degli accordi di libero scambio negoziati dalla Commissione è parte di un dibattito nei paesi dell’Unione. Bruxelles vorrebbe che la luce verde sia prerogativa del Parlamento europeo, ma alcuni dei paesi vogliono che questo tipo di accordi, sempre più contestati dai settori populisti della politica europea, vengano ratificati dai rispettivi parlamenti.
Si tratta di un percorso che potrebbe rallentare o mettere in discussione il processo. Il testo dell’accordo Ue-Giappone raggiunto oggi, in realtà, contiene solo materie di competenza esclusiva di Bruxelles, quindi teoricamente non dovrebbe essere ratificato dai paesi. Per esempio non comprende la parte legata alla delicata questione delle eventuali dispute tra stati e investitori, sulla quale non si è ancora arrivati a un accordo e che sarà oggetto di ulteriori discussioni che riprenderanno “all’inizio dell’anno prossimo” e saranno regolate “a parte”. L’accordo, che viene chiamato con l’acronimo JEFTA (Accordo di libero scambio Giappone-Ue) è stato negoziato sempre un po’ più in ombra rispetto a quello col Canada CETA e quello Transatlantico con gli USA, TTIP, che di fatto è fallito. Particolare importanza, nelle trattative, hanno avuto il settore agroalimentare e quello dell’automobile. Il Giappone, di fatto, ottiene la possibilità di un libero accesso al mercato europeo per la sua industria dell’automotive. L’Ue invece regala al settore agricolo la revoca dei diritti di dogana per quasi tutti i prodotti alimentari, dopo un periodo di transizione. askanews