Ultimatum Ue a Italia e altri 8 Stati su inquinamento aria

Ultimatum Ue a Italia e altri 8 Stati su inquinamento aria
19 gennaio 2018

Lo si può ben chiamare un ultimatum, un ultimo avvertimento dopo che sono stati ignorati quelli precedenti, di febbraio e aprile: l’Italia e altri otto Stati membri dell’Ue (tra cui tutti i più grandi) sono stati avvertiti dalla Commissione che, se non attueranno misure adeguate, effettive e tempestive per ridurre l’inquinamento atmosferico (biossidi di azoto e polveri sottili, o particolato PM10) in un lungo elenco di aree e di città nel loro territorio, non ci sarà per l’Esecutivo comunitario altra opzione che il ricorso in Corte di Giustizia. Con il rischio molto concreto, per i nove paesi inadempienti, di subire dure condanne che, in caso di non esecuzione, potrebbero poi approdare a pesantissime sanzioni pecuniarie, come quelle che l’Italia già sta pagando per le infrazioni nella gestione dei rifiuti. Per sottolineare la gravità della situazione, e per dare ai paesi inadempienti (oltre all’Italia, Germania, Francia, Regno Unito, Spagna, Ungheria, Romania, Slovacchia e Repubblica ceca) un’ultima possibilità di provare, con decisioni e impegni concreti, la propria determinazione ad affrontare il problema, il commissario Ue all’Ambiente, Karmenu Vella ha convocato un insolito “vertice ministeriale sulla qualità dell’aria” a Bruxelles, il 30 gennaio prossimo. I ministri dell’Ambiente dei nove Stati membri, invitati al vertice da Vella, hanno tempo fino al 25 gennaio per rispondere.

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Che di ultimatum si tratti davvero, lo si capisce dal linguaggio del comunicato stampa con cui la Commissione ha dato notizia della convocazione dei nove ministri: “La gravità e l’urgenza della questione dell’inquinamento atmosferico, e l’assenza di progressi soddisfacenti registrati nei nove Stati membri richiedono una risposta efficace e tempestiva. Il vertice ministeriale sulla qualità dell’aria del 30 gennaio mira ad assicurare che misure aggiuntive efficaci siano decise e attuate senza ritardo. Nel caso in cui non siano prese misure adeguate, la Commissione non avrà altra scelta che procedere con l’azione legale, come ha già fatto con altri due Stati membri (Polonia e Bulgaria, ndr), ricorrendo in Corte europea di Giustizia” contro i paesi inadempienti. A titolo comparativo, negli altri due comunicati riguardanti i “pareri motivati” adottati contro l’Italia per violazione delle norme sui biossidi di azoto (il 15 febbraio 2017) e di quelle sul PM10 (il 27 aprile), che venivano qualificati entrambi come “ultimo avvertimento”, la formula usata era più possibilista: in caso di non adempimento “entro due mesi”, si ammoniva, la Commissione “potrà deferire il caso alla Corte di Giustizia”. Sono passati molti più di due mesi da quegli “ultimi avvertimenti” all’Italia (e la situazione è simile negli altri casi). E in realtà sono passati più di 12 anni dalla scadenza (2005) in cui tutti gli Stati membri avrebbero dovuto attuare le norme sul PM10, e più di sette anni dalla scadenza (2010) per le norme sui biossidi di azoto.

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Intanto, ogni anno, secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente di Copenaghen, muoiono “prematuramente” nell’Ue 400.000 persone in conseguenza dell’inquinamento atmosferico, e molti di più sono i cittadini europei che si ammalano di malattie cardiovascolari e respiratorie, con un costo economico stimato a più di 20 miliardi di euro per anno, a causa dei costi sanitari e della ridotta produttività dei lavoratori colpiti. Secondo la Commissione, nel 2013 l’inquinamento da biossidi d’azoto, che provengono per la maggior parte dal traffico stradale, ha causato da solo “quasi 70.000 morti premature in Europa: pressoché tre volte il numero dei decessi causati da incidenti stradali nello stesso anno”. Ancora peggiori sono gli effetti delle emissioni di particolato PM10, causate dal consumo di energia elettrica e dal riscaldamento, dai trasporti, dall’industria e dall’agricoltura: solo in Italia, ogni anno l’inquinamento da polveri sottili provoca più di 66.000 morti premature, facendo della Penisola “lo Stato membro più colpito in termini di mortalità connessa” a questo inquinante, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente. askanews

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