Alleanze e sbarramento con la nova legge elettorale, “le furbate”

Alleanze e sbarramento con la nova legge elettorale, “le furbate”
La Camera dei deputati
21 gennaio 2018

La questione delle alleanze e delle soglie di sbarramento, tra le novita’ della legge elettorale, sono collegate. Il Rosatellum prevede che siano possibili coalizioni elettorali, cioe’ l’apparentamento di piu’ liste. I seggi dei collegi plurinominali sono ripartiti su base nazionale: si sommano cioe’ i risultati di tutti i collegi e, in base alle soglie di sbarramento, si decide se e quanti seggi sono assegnati a ciascuna lista e coalizione. Le soglie di sbarramento sono la percentuale di voti sopra le quali una lista o una coalizione accede alla ripartizione dei voti. Sono diverse a seconda che una lista corra da sola – come ad esempio il Movimento 5 Stelle – o sia invece in coalizione – come Pd-Lista Lorenzin o Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia. Per le liste che corrono da sole, la soglia e’ al 3 per cento dei voti validi a livello nazionale; per le coalizioni e’ al 10 per cento, con la condizione che almeno una al suo interno superi il 3 per cento. All’interno delle coalizioni, poi, si contano ai fini della distribuzione dei seggi tutti i voti dei partiti che superano l’1 per cento. Questi numeri possono sembrare troppo astratti, ma hanno risvolti molto concreti: una formazione politica con qualche speranza di arrivare al 2 per cento, ad esempio, non avrebbe interesse ad andare da sola, ma tutto l’interesse invece a coalizzarsi, perche’ in quel modo potrebbe comunque dare il suo contributo alla coalizione anche senza mandare rappresentanti in Parlamento (nessun suo candidato, infatti, sarebbe eletto, ma i suoi voti verrebbero “regalati” alla coalizione). Al Senato le soglie sono uguali, con in piu’ quella del 20 per cento dei voti in una sola regione: la lista che la raggiunge ha diritto ad accedere al riparto dei seggi, anche se non ha il 3 per cento a livello nazionale.

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C’e’ poi il fenomeno delle cosiddette “candidature multiple”. Senza giri di parole, le candidature multiple sono utili ai partiti per avere la certezza di eleggere un proprio rappresentante molto importante o, detto in altri termini, per dare maggior visibilita’ a candidati particolarmente forti e attrarre piu’ voti. Il Rosatellum stabilisce che ciascun candidato si puo’ presentare in un solo collegio uninominale e in un massimo di cinque collegi plurinominali (in cinque “listini” diversi). Chi si presenta negli uninominali puo’ contemporaneamente essere candidato nei plurinominali, fermo restando il limite di cinque. Se viene eletto nell’uninominale, sara’ eletto li’; se invece e’ eletto in piu’ plurinominali, risultera’ rappresentante del collegio in cui la sua lista ha preso la percentuale piu’ bassa di voti. Per assicurare l’equilibrio nella rappresentanza di genere, sia alla Camera che al Senato i listini devono avere un ordine alternato di genere e i capilista non possono appartenere allo stesso genere per piu’ del 60 per cento. Nel totale dei collegi uninominali, allo stesso tempo, i partiti e le coalizioni non possono presentare piu’ del 60 per cento dei candidati appartenenti allo stesso genere. In conclusione: visto che il nostro sistema politico e’ attualmente tripolare, con tre schieramenti molto consistenti, il mix di proporzionale e maggioritario del Rosatellum rende molto difficile che uno dei tre campi abbia la maggioranza. Se, poniamo caso, una coalizione riuscisse ad eleggere il 50 per cento dei candidati nei collegi uninominali, avrebbe 116 deputati da quella quota; se al contempo riuscisse anche ad avere il 50 per cento dei voti nella quota proporzionale (un risultato, stando ai sondaggi di oggi, fuori dalla portata di chiunque), porterebbe a casa altri 193 deputati. Il totale fa 309: ancora insufficienti per raggiungere la maggioranza, che e’ di 315.

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