Leoluca Orlando aderisce al Pd. L’annuncio non è nuovo. Ma questa volta, pare che dalle parole, il sindaco di Palermo passerà ai fatti. Obiettivo? Accaparrarsi il partito di Renzi in Sicilia, complice l’incapacità politica dei vertici dem isolani e della latitanza dello stesso segretario Pd. La strategia del creatore del ‘modello Palermo’ (morto sul nascere) parte da lontano. Ma l’ultima picconata, il Professore, l’ha data mettendo in campo la candidatura a governatore della Sicilia di Fabrizio Micari alle Regionali del novembre scorso. Un nome, quello del rettore di Palermo, imposto al Pd dallo stesso primo cittadino, nonostante fosse consapevole di una sonora sconfitta. Così, infatti, le urne hanno decretato. Una mossa da vecchio democristiano, quella di Orlando, che ha consentito di abbassare le quotazioni del Nazareno e, quindi, approdare nel Pd da azionista che conta. E ora annuncia: “Il quadro è cambiato”, anche a fronte della nuova legge elettorale, “e ho preso la decisione di aderire al Pd contro i populismi del M5s e di Silvio Berlusconi”. Il politichese è d’obbligo. E’ l’ennesimo scenario che evidenzia il falso “rottamatore” come sempre Renzi s’è definito. Perché dare in mano il Pd in Sicilia oltre a Orlando anche a Totò Cardinale, vuol dire lasciare il timone a due uomini che hanno circa quarant’anni di politica alle spalle. Ciascuno.