Ancora un triste primato per il nostro Paese, i giovani italiani sono i più insoddisfatti al mondo

Ancora un triste primato per il nostro Paese, i giovani italiani sono i più insoddisfatti al mondo
28 gennaio 2018

L’Italia si configura triste fanalino di coda per quanto concerne la felicita’ dei propri giovani. Il dato e’ allarmante: quasi 4 universitari su 10 (38%) rivelano di non essere soddisfatti della propria vita, addirittura quasi uno su 2 (46%) non e’ contento del proprio percorso accademico. Le percentuali sono ancora piu’ impietose se raffrontate con i colleghi a livello internazionale: gli studenti di India (82%), Cina (76%), Regno Unito (75%), Stati Uniti (73%) e Spagna (70%) risultano essere decisamente piu’ appagati dalla propria vita studentesca. Ma non e’ tutto: ben il 36% degli italiani ha pensato almeno una volta di abbandonare l’universita’, contro il 5% dei cinesi e il 20% degli indiani, preceduti solo dai pari eta’ inglesi (37%). I motivi dell’insoddisfazione? Sul podio delle preoccupazioni, l’eccessivo carico di lavoro (51%), la mancanza di equilibrio tra studio, socializzazione e lavoro (44%) e la possibilita’ di trovare lavoro dopo la laurea (43%). E’ quanto emerge dal recente sondaggio a livello mondiale condotto da Sodexo intervistando oltre 4.000 studenti provenienti da Italia, Cina, Stati Uniti, Spagna, Regno Unito e India relativamente allo stile di vita universitario, per andare a scoprire, tra i diversi aspetti analizzati, qual e’ il livello di soddisfazione degli studenti italiani rispetto a quello dei pari eta’ internazionali.

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Andando nel dettaglio dei motivi che rendono gli studenti italiani i piu’ insoddisfatti, salta all’occhio il dato relativo al tempo dell’insegnamento, che appaga il 56% del totale contro il 70% della media. Un altro aspetto con cui gli universitari italiani devono fare i conti e’ quello economico: oltre 4 su 10 (43%) si dichiarano preoccupati dalla gestione delle spese quotidiane, dato poco superiore alla media sovranazionale (40%). Infine, piu’ di un terzo degli studenti (37%) pensa di aver ottenuto un buon rapporto qualita’-prezzo dai servizi offerti dal proprio ateneo, valore inferiore a quelli di tutte le altre nazioni, fatta eccezione per il Regno Unito. Gli studenti italiani sono anche tra i piu’ pessimisti nel ritenere che l’universita’ possa aiutarli a risolvere i loro problemi, come quelli legati all’alloggio (53%), alla salute (47%), alla vita sociale (46%) e alle finanze (44%), valori sopra la media. Ma quali sono le ragioni dell’insoddisfazione dei giovani dello Stivale? Se al primo posto della top 10 delle preoccupazioni si piazza l’eccessivo carico di lavoro che devono sopportare (51%), ben il 44% lamenta la mancanza di equilibrio tra il tempo da dedicare allo studio, alla socializzazione e al lavoro, mentre il terzo gradino del podio spetta alle scarse possibilita’ di trovare un’occupazione dopo la tanto sudata laurea (43%).

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Il 39% non crede di essere in grado di cercare il lavoro dopo il titolo di studio, mentre il 31% non crede di raggiungere una votazione che corrisponda alle proprie aspettative dopo aver discusso la tesi. Meno gettonate tra le motivazioni d’insoddisfazione completano la classifica le preoccupazione economiche quotidiane (30%), il senso di solitudine (19%), la nostalgia di casa (10%) e i debiti accumulati durante il percorso di studio (8%). Per il 3% le motivazioni sono di altra natura, mentre solo il 2% ha dichiarato di non patire alcuna preoccupazione. Un discorso a parte e’ quello dei motivi che hanno spinto il 36% degli studenti italiani a considerare l’abbandono degli studi come soluzione ai propri problemi, un dato molto simile a Regno Unito (37%), Stati Uniti (35%), Spagna (33%), ma lontano da India (20%) e Cina (5%). Tra i giovani del Bel Paese che hanno pensato di abbandonare l’universita’ il 57% l’ha fatto per problemi legati allo studio, il 28% per problemi economici, il 22% per problemi familiari, il 21% per l’insoddisfazione legata alla qualita’ dei servizi in relazione al rapporto qualita’/prezzo, il 16% per problemi di salute e il 12% per problematiche legate alla vita sociale.

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