Donne capilista in ogni dove. Il ‘gentil sesso’ ha invaso lo Stivale come non mai, in questa tornata delle Politiche. Molte femministe gongolano, non vedendo, tuttavia, che proprio una capilista donna, molte volte apre le porte del parlamento al suo compagno di partito, collocato, volutamente, al secondo posto. In altri termini, “fumo negli occhi” che penalizza, di fatto, la stessa donna. Ma, per far ciò, la candidata deve essere collocata, in più collegi. Come il caso di Laura Boldrini, piazzata dai vertici di Liberi e Uguali in cinque collegi. A Milano, nel blindato uninominale per la Camera. Facendo ‘bingo’, l’esponente di LeU, sempre pronta a difendere le donne, darà quattro possibilità ad altrettanti uomini per andare a Montecitorio. A Milano (Seregno-Monza -Gorgonzola) dietro la presidente della Camera c’è Giulio Cavalli. A Milano (Cologno-Bollate-Cinisello-Sesto S. Giovanni) capolista sempre Boldrini, secondo Alessio Pasquini. Stessa musica al collegio di Milano (1-2-3-4-5), capolista Boldrini, secondo posto sempre Alessio Pasquini che, a questo punto, è già con un piede dentro Montecitorio. Sempre la Boldrini capolista a Milano (Legnano-Abbiategrasso), ma questa volta un eventuale beneficio andrebbe a Paolo Coseddu. In sintesi, questo tipo di composizione di liste, inevitabilmente, limita notevolmente le candidature femminili “vincenti”.
Sembra ormai diventata una ricorrente ‘spina nel fianco’ per Liberi e Uguali la questione della presenza femminile nelle liste. Dopo le polemiche sul nome del partito – declinato al maschile ma nel cui simbolo e’ stata aggiunta una E stilizzata a rappresentare la presenza femminile – nel corso della conferenza stampa in cui Massimo D’Alema e il responsabile Esteri, Erasmo Palazzotto, hanno presentato i candidati nella circoscrizione Estero, si e’ verificato un animato fuori programma. Protagonista dell’episodio una cronista canadese, che ha chiesto conto della mancanza di candidate donne all’incontro con i giornalisti: “Siete in tre, e tutti uomini. Mi spiegate – ha detto – perche’ non c’e’ nemmeno una donna tra quelle candidate?”. E palesemente irritata, ha abbandonato la sala. Bando ai fuori programma, non è musica che suona solo nel partito di Pietro Grasso, questa delle candidature capilista donne. Con toni crescenti arriva pure dal Pd, dove la ‘pluripremiata’ da Matteo Renzi, Maria Elena Boschi è stata piazzata in sei collegi, ma per un solo posto alla Camera. Per il sottosegretario di Stato sarà una campagna molto movimentata, dato che dovrà convincere gli elettori del Trentino Alto Adige, Lombardia e Sicilia.
Infatti, dopo il seggio ‘blindato’ dell’uninominale di Bolzano, la Boschi è capolista a Mantova-Cremona con al secondo posto, Luciano Pizzetti che già scalpita. A circa due mila chilometri, troviamo la Boschi capolista a Messina-Enna. Una posizione, viste le precedenti, che molto probabilmente apre le porte di Montecitorio alla chiacchierata candidatura del rettore di Messina, Pietro Navarra, nipote del boss medico di Corleone. Sempre in Sicilia, l’esponente Pd aretina è capolista a Marsala-Bagheria, con alle spalle Carmelo Miceli. E, ancora in Sicilia, è capolista a Ragusa-Siracusa e parti di Catania, seguita dal segretario dem regionale, Fausto Raciti. Altri cinque posti sbarrati al ‘gentil sesso’. Anche sull’altro fronte, le cose non vanno meglio. La tecnica è la stessa. Quindi, basta ricordare le sei candidature di Lorena Milanato che per Forza Italia corre per un posto alla Camera. O i cinque seggi che Matteo Salvini ha offerto a Giulia Bongiorno.