Commission, ok divulgazione dossier. E ora Trump è sotto scacco

Commission, ok divulgazione dossier. E ora Trump è sotto scacco
6 febbraio 2018

La commissione Intelligence della Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato all’unanimita’ la divulgazione del dossier dei democratici sul Russiagate, ovvero relativo alle indagini sulle interferenze di Mosca nelle presidenziali americane. Il rapporto e’ la risposta democratica al memo dei repubblicani pubblicato la settimana scorsa e che accusa l’Fbi di abusi nell’inchiesta. Il rapporto dem e’ classificato, cosi’ come lo era quello del Grand Old Party (Gop). Con con il via libera della Commissione Intelligence, il rapporto dem sara’ inviato alla Casa Bianca che dovra’ autorizzare la sua messa in rete come ha fatto per quello della maggioranza repubblicana, nonostante l’Fbi e il dipartimento di Giustizia fossero contrari. Il presidente Donald Trump ha cinque giorni di tempo per annunciare la sua decisione. Intanto, i legali di Trump hanno sconsigliato al presidente degli Stati Uniti di rispondere alle domande di Robert Mueller, il procuratore a capo dell’inchiesta sul ‘Russiagate’. Lo sostiene il New York Times, che cita quattro persone informate sulla vicenda, in un articolo che non fuga i dubbi sulla prospettiva di una battaglia legale per stabilire se l’attuale inquilino della Casa Bianca debba o meno accettare di testimoniare sotto giuramento. I suoi avvocati – scrive il New York Times – temono che il presidente, che ha alle sue spalle un elenco abbastanza nutrito di dichiarazioni false o contradditorie, possa finire incriminato per falsa testimonianza agli inquirenti. Un timore che li pone in aperto contrasto con Trump, che sia in pubblico sia in privato ha sempre dichiarato di non vedere l’ora di parlare con Mueller nell’ambito dell’inchiesta sui possibili legami tra suoi collaboratori e le ingerenze della Russia alle elezioni americane, oltre che sul suo ventilato intralcio alla giustizia.

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La decisione di Trump riguardo parlare o meno con gli inquirenti, attesa nelle prossime settimane, orienterà uno dei momenti più importanti dell’inchiesta. Disertare la richiesta di testimoniare darebbe tecnicamente a Mueller la possibilità di citare in giudizio il presidente per portarlo davanti a un grand jury, innescando una battaglia legale che getterebbe benzina sul fuoco su un’inchiesta già delicata, creando inoltre una matassa che potrebbe essere dipanata dalla Corte Suprema. Non rispondere alle domande di Mueller potrebbe inoltre avere conseguenze politiche, osserva il New York Times. I detrattori di Trump si scatenerebbero dicendo che il presidente ha qualcosa da nascondere o da insabbiare e una battaglia legale potrebbe allungare i tempi dell’inchiesta, ponendo un’ombra pesante sui Repubblicani in vista delle elezioni di metà mandato a novembre o su un’eventuale campagna del presidente per la rielezione. Malgrado tutte queste considerazioni John Dowd, storico difensore di Washington “reclutato” l’estate scorso per rappresentare Trump nell’inchiesta, spinge per bloccare la richiesta di deposizione, come fanno il suo vice, Jay Sekulow, e altri consiglieri, secondo quanto riferito dalle quattro fonti. Avvocati e collaboratori – scrive il New York Times – sono convinti che Mueller non sia disposto a citare in giudizio il presidente e dare il via a un aspro contenzioso legale con la Casa Bianca che oltretutto il procuratore speciale avrebbe molte chance di perdere.

PARLA PAGE, IL CONSIGLIERE NON PAGATO DA TRUMP

“Ero un consigliere informale e non pagato” della campagna di Donald Trump. Carter Page è l’uomo del momento sulla scena politica americana. Il ‘memo Nunes’, che secondo i repubblicani evidenzia abusi dell’Fbi nell’inchiesta sul Russiagate, ruota attorno alla figura dell’ex consigliere della campagna di Donald Trump, oggetto della sorveglianza disposta dal bureau. “Sono venuti fuori tanti dettagli, è anche peggio di quanto avessi immaginato”, ha detto Page, rispondendo alle domande di Fox News sul contenuto del documento. Page rifiuta l’etichetta di ‘collegamento’ tra la campagna di Trump e il Cremlino. “Ho mandato una lettera a Comey”, all’epoca direttore dell’Fbi, “il 25 settembre 2016. Gli ho detto che era tutto falso, gli ho detto che se volevamo contattarmi per domande su questa caccia alle streghe, potevano farlo. Sarei stato felice di contribuire a riportare le cose al posto giusto”. Nel luglio 2016, Page si è recato a Mosca per tenere un seminario universitario. La campagna di Trump era informata? “Io ero un consigliere informale e non pagato. Cosa mi hanno detto? Non hai niente a che fare con la campagna”. Nel 2013, Page avrebbe rivendicato un ruolo da consigliere informale del Cremlino in vista del G20. Tali affermazioni “sono state totalmente decontestualizzate. Il G20 raggruppa paesi da tutto il mondo. Hanno organizzato un tavolo con esperti di energia, con persone provenienti da tutto il mondo”.

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