Non si da pace che da quasi 20 anni a oggi ancora non abbiamo una banca dati dell’osservatorio nazionale contro la pedofilia e la pedopornagrafia. Lo stesso ventennio che vede don Fortunato Di Noto, in prima linea contro gli abusi sessuali sui minori. Eppure come dice lo stesso presidente e fondatore dell’associazione Meter onlus, in merito “c’è una legge, e nonostante ciò non c’è la banca dati”.
Don Fortunato, ancora un drammatico fatto di cronaca di una bambina di nove anni, vittima di abusi sessuali.
“Certamente un vicenda orribile, oltre che una tragedia per la bambina. Una cosa fuori da ogni logica, e fuori di ogni logica è il fatto che accada sui bambini. Noi esperti diciamo sempre che muore una parte di sé, in fondo senza rendersene conto in quella bambina c’è una parte di sé che è morta e bisogna farla risorgere”.
In termini di cifre come possiamo dimensionare questo fenomeno.
“In Italia non abbiamo una chiaro numero degli abusi che avvengono sui minori. A distanza di quasi 20 anni ancora oggi non abbiamo una banca dati dell’osservatorio nazionale contro la pedofilia e la pedopornagrafia. Il che vuol che il numero degli abusi sui minori confluiscono dai vari enti preposti attraverso le denunce che vengono effettuate e dei casi che vengono trattati. Ad esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di circa 80 mila casi all’anno di abusi sessuale solo in Italia. Se poi passiamo al dato europeo, se ne registrano oltre 18 milioni. Questo significa che, non avendolo una banca dati, diventa maggiormente più problematico affrontare il problema. E siccome lo prevede la legge…”.
A questo punto chi è fuori legge?
“Dobbiamo dire la verità, abbiamo tante carte, buonissime leggi, però poi di fatto manca quella capacità di coordinamento serio. E’ qualcosa di grave. Aggiungo. E’ vero che esiste l’emergenza gravissima e ripeto gravissima del cyber bullismo, e di conseguenza le Istituzioni, anche a livello europeo, hanno fatto progetti su progetti, informazione su informazione ma per quanto riguarda gli abusi sessuali su minori e di conseguenza dunque la pedofilia e la pedopornografia si fa pochissimo”.
Secondo la sua esperienza, qual è l’elemento scatenante di questo fenomeno.
“Al di là dei genitori, che hanno fatto una cosa gravissima consegnando una bambina a disposizione di soggetti, chiederei ai soggetti stessi cosa ha fatto scattare loro di abusare in questo modo orribile di una bambina, che poteva essere la loro nipotina. Certo, anche la società attuale ci sta influenzando. Prende corpo il pensiero che ormai l’infanzia è superata, come a dire che piccole vite possono diventare l’oggetto erotico di adulti. Una situazione che quasi quasi sta portando a percepire un senso una normalità.
Anche le nuove tecniche di comunicazione, Internet e smartphone in primis, sono complici.
“Certamente la tecnologia ha influenzato tanto. Quando noi ormai abbiamo un corpo digitalizzato, tutto può essere esposto. Quando di fatto Internet ha sviluppato le cosiddette comunità, comunità di pedofili o abusatori, di un abbassamento di coscienza, tutto questo amplifica. Il report di questi fenomeni che ogni anno noi produciamo, denunciano milioni e milioni di immagini pedopronagrafiche di bambini di tutto il mondo ed ciò è una piccola parte del fenomeno. Quindi, dobbiamo educare i bambini all’utilizzo non soltanto corretto del mezzo di comunicazione, come allo stesso tempo non dobbiamo demonizzarlo perché fa parte di un processo irreversibile, però dobbiamo educare i bambini, i nuovi nati digitali, che devono essere accompagnati e guidati”.
E al politica?
“Alla politica chiederei l’analisi dei nuovi programmi elettorali. Forse uno o due hanno messo in agenda la lotta alla pedofilia, pedopornografia e agli abusi sessuali. Perché non si impegnano tutti formalmente e non per tirare voti? Questo problema è un problema drammatico, una tragedia. Non possiamo più pensare che sia una cosa marginale”.
Da più parti si evidenzia come sia possibile che nessuno si indigni che questi quattro “orchi” del Palermitano, hanno avuto semplicemente gli arresti domiciliari.
“Io personalmente mi idigno. Mi idigno perché si dà molto più carcere o più restrizione personale a chi maltratta gli animali piuttosto a chi fa del male ai bambini. Certo, non so quale sia stato il criterio per cui il magistrato ha deciso per i domiciliari, ma per un fatto del genere… Tante volte ci sono due pesi e due misure. Ricordiamo che in questo caso stiamo parlando di una bambina che sarà sempre segnata da questo dramma; immaginate quanto durerà un processo fino in Cassazione”.