Via libera della commissione Affari costituzionali del Senato a tre emendamenti del governo al decreto sulla pubblica amministrazione che riguardano quota 96 per la scuola, il prepensionamento d’ufficio di professori universitari e primari e le penalizzazioni per i docenti che vanno in pensione prima dei 62 anni. Con l’ok agli emendamenti dell’esecutivo da parte della commissione vengono di fatto soppresse alcune novità che erano state inserite alla Camera: viene cancellato l’articolo aggiuntivo che sbloccava 4.000 pensionamenti nella scuola (quota 96); è soppresso anche l’anticipo della pensione da 70 a 68 anni per professori universitari e primari; tornano le penalizzazioni per i docenti che lasciano prima dei 62 anni. “Dobbiamo correre e, a questo punto, visto che è stata messa alla Camera, mi sembra ragionevole”, afferma il ministro della pubblica amministrazione, Marianna Madia, in riferimento alla fiducia sul decreto P.A. e che ormai è già scontata.
Intanto i sindacati sono sul piede di guerra. Per la segretaria confederale della Cgil, Gianna Fracassi, “sarebbe molto grave se non si provvedesse a risolvere il problema dei ‘quota 96′ e gli altri temi su cui era intervenuta la Camera”. In campo anche Sel. ”Non si gioca sulla pelle delle persone – afferma il capogruppo alla Camera, Arturo Scotto -. I quota 96 hanno gia’ vissuto un’ingiustizia dalla riforma Fornero che li ha penalizzati e lasciati senza pensione pur avendo i requisiti, e ora il governo Renzi prima li illude alla Camera e poi li disillude al Senato”. Anche l’Anief scende in campo. “La decisione presa oggi al Senato – commenta il presidente Marcello Pacifico – rappresenta un atto pilatesco che avra’ gravi ripercussioni su migliaia di professionisti, giovani e anziani, medici, della scuola e dell’universita’. Non dimentichiamoci che in questo modo il Governo, oltre a colpire i diritti dei dipendenti, sta remando anche contro il ringiovanimento della pubblica amministrazione: i tanti precari che sarebbero subentrati rimangono infatti al palo per altri anni dopo aver assaporato il reclutamento”. Incalza il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. “E ‘l’ennesima figura di dilettantismo della classe politica – dice – del nostro paese. Speriamo che questa vicenda serva da lezione e da monito al governo Renzi: non si interviene per decreto sulle materie del lavoro e sulla pelle dei lavoratori e dei pensionati senza prima un opportuno confronto di merito e di metodo con il sindacato sull’impatto sociale ed economico dei provvedimenti. Questo valeva per la Fornero e vale anche per il governo Renzi e per quelli che verranno”, conclude il leader sindacale.
Al coro s’aggiunge Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. “La copertura economica per risolvere la questione, e sanare un’autentica ingiustizia, ammonterebbe a 45 milioni di euro: una somma che il Governo potrebbe recuperare razionalizzando capitoli di spesa come quello relativo alla gestione del sistema informatico del Miur, per il quale si spendono 30 milioni annui con risultati pessimi, come dimostrano- conclude Di Meglio- i numerosi problemi sorti durante le operazioni di mobilita’”.