Primo anno di Macron: tante riforme ma francesi restano tiepidi

Primo anno di Macron: tante riforme ma francesi restano tiepidi
Brigitte con il marito Emmanuel Macron
15 aprile 2018

In un anno di presidenza Emmanuel Macron ha già messo in cantiere una gran parte del suo programma di riforme di ispirazione liberale, determinato a portarle a termine per trasformare profondamente il Paese, ma la sua azione non è riuscita apparentemente ancora a convincere i francesi. “Abbiamo un da fare immenso perché il nostro Paese deve costruire i prossimi 50 anni di progressi”, ha esclamato il presidente della Repubblica giovedì su TF1, in una delle due interviste televisive concesse questa settimana per convincere gli scettici, mentre mancano poche settimane al primo compleanno della sua presidenza. “Il fatto che ci siano dei francesi talvolta non contenti non mi ferma”, ha dichiarato senza mezzi termini. Di fatto, se Emmanuel Macron ha smussato alcuni angoli su dei dossier, ha già messo in cantiere una trentina di riforme ambiziose in tutti i campi: codice del lavoro, giustizia, moralizzazione della vita politica, accesso alle università, riduzione del numero di parlamentari e dei mandati consecutivi, immigrazione, sussidi per la disoccupazione e ferrovie (Sncf). Anche il suo governo, guidato dal juppeista Edouard Philippe, ha approvato numerosi provvedimenti: diminuzione del numero di alunni per classe nei quartieri difficili, 11 vaccini obbligatori, aumento prezzi delle sigarette, multe per molestie per strada, limite di velocità a 80 km/h sulla maggior parte delle strade secondarie, creazione di un servizio nazionale per i giovani.

Nel 2017 per la prima volta da dieci anni, il deficit pubblico francese è tornato sotto il 3% del Pil

Per avviare queste riforme, Macron ha potuto approfittare di un quadro economico roseo, con una crescita accelerata al 2% nel 2017 – invece dell’1,5% previsto – e una disoccupazione in calo, che hanno permesso una riduzione del deficit pubblico più forte del previsto. Nel 2017 per la prima volta da dieci anni, il deficit pubblico francese è tornato sotto il 3% del Pil, attestandosi al 2,6%. La popolarità del tandem che guida il Paese è calata ma i francesi preferiscono aspettare prima di giudicare, secondo i sondaggi. Le prossime riforme sono ancora più delicate, in particolare l’annunciata armonizzazione dei trattamenti pensionistici, vero vaso di Pandora. Eletto sulla promessa di una politica sia di sinistra sia di destra, Emmanuel Macron è ormai considerato come orientato nettamente a destra, secondo i sondaggi, in particolare per la soppressione parziale dell’imposta sui patrimoni di un progetto di legge sull’immigrazione ritenuto severo per coloro che non beneficeranno del diritto d’asilo. La fiducia in Macron è di conseguenza calata nelle classi popolari, dove non supera il 27%, e nelle classi medie (-6 punti al 41%), mentre, parallelamente, è aumentata fra i quadri, raggiungendo quota 65%, secondo un recente sondaggio Elabe.

Gli ambiziosi progetti di Macron di riforma Ue si scontrano con la reticenza dei Paesi del Nord

Sul piano internazionale, l’azione riformista e il dinamismo del nuovo capo dello Stato hanno considerevolmente migliorato l’immagine della Francia all’estero. Ma i suoi ambiziosi progetti di riforma dell’Europa, di cui vuole accrescere l’integrazione e il ruolo internazionale, si scontrano per il momento con la reticenza dei Paesi del Nord che predicano il rigore. Il presidente della Repubblica francese tenta anche di rinnovare le relazioni fra l’Europa e l’Africa spingendo verso rapporti di partenariato piuttosto che sugli aiuti. E, decidendo di attaccare stanotte, insieme a Usa e Gran Bretagna, obiettivi siriani, Emmanuel Macron si propone ache come capo di guerra. Utilizzando tutti i poteri che gli attribuisce la Quinta Repubblica, Emmanuel Macron vuole anche “cambiare le mentalità” esaltando regolarmente valori come lo sforzo individuale, il successo dei “primi di cordata che trascinano gli altri” e le pari opportunità, piuttosto che la redistribuzione dei redditi, cara alla sinistra. La sua parola d’ordine, il pragmatismo rende, secondo lui, le sue scelte inevitabili e di buon senso. Al punto che rivendica un “umanismo pragmatico” in merito alla sua legge asilo-immigrazione, criticata dalla sinistra e da alcuni membri della sua maggioranza. Ma sulle sue scelte politiche e sociali, come sulle sue relazioni con alcuni discussi leader internazionali – da Donald Trump a Vladimir Putin all’egiziano Abdel Fattah al Sisi – questo “nel contempo” che lo ha fatto eleggere lo obbliga ad un delicato equilibrismo.

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