Dopo una settimana di guerra aperta a mezzo stampa, il Pd evita la conta in direzione, rinviando all’assemblea il confronto interno. Nel suo intervento il segretario reggente Maurizio Martina ha definito un “capitolo chiuso” la trattativa con il M5s, aggiungendo che non è pensabile neanche “sostenere in qualche modo” un governo di centrodestra. Ha quindi rivendicato il suo “impegno per l’unità”, invitando il partito a fare “una vera autocritica” perché “certo il punto non è quello che gli italiani non hanno capito”. Quindi ha chiesto di “rinnovare la fiducia” all’attuale segreteria “fino all’assemblea nazionale”, che non è stata ancora convocata ma che si dovrebbe tenere a metà maggio, il 12 o il 13. Martina ha quindi chiesto ai renziani di ritirare un ordine del giorno.
L’odg, secondo i sostenitori del fronte di Martina, per come era stato scritto, avrebbe diviso le varie aree che si contrappongono a Renzi. Il documento, anche grazie alla mediazione di Dario Franceschini, è stato ritirato. In questo modo il reggente ha evitato di spaccare il partito. Matteo Renzi, che non è intervenuto, con i suoi si è detto infatti “molto soddisfatto” dell’intervento dell’ex ministro dell’Agricoltura, in particolare per quel che riguarda la chiusura a Luigi Di Maio e la richiesta di una fiducia “a tempo”. I renziani, infatti, che in una sorta di pre-conta ieri avevano presentato un documento firmato da oltre cento parlamentari, non avrebbero accettato un mandato fino al congresso, né un cambio della linea dell’opposizione.
La resa dei conti interna è solo rimandata
Duro con Matteo Renzi è stato Franceschini, molto netto nei giorni scorsi nel giudizio negativo sulle parole dell’ex segretario. “Ma quale resa incondizionata di Martina? Mi sembra – ha detto – che il tema del dialogo con il 5 stelle non ci sia più da domenica, dall’intervista di Renzi e della reazione di Di Maio”. Per Franceschini era necessario che dalla direzione uscisse “un voto unitario per dare fiducia e un mandato pieno a Martina per gestire questa crisi e le prossime consultazioni”. La resa dei conti interna, però, è solo rimandata, e lo dice chiaramente Andrea Orlando, ministro della Giustizia uscente e leader della corrente Dems. “Prepariamoci alla possibilità delle elezioni sapendo che una barca con due timoni non va avanti”, ha detto, lanciando l’allarme sul fatto che per il Pd “è l’ultima chiamata: o l’unanimità è vera o con un doppio timone rischiamo di imbarcare tantissima acqua”.
Il “doppio timone” deve dunque essere superato, per Orlando, che attacca Renzi per l’intervista a Che tempo che fa: “Se parla l’azionista di maggioranza di una corporation e smentisce l’ad le azioni crollano. Forse dovremmo parlare meno tutti. Ma se dopo che la delegazione apre si chiude da un’altra parte si toglie credibilità a quella forza politica”. A fine serata in un tweet il premier Paolo Gentiloni esprime soddisfazione per la fiducia “unanime” a Martina che dovrebbe dare “più forza al Pd per affrontare i passaggi difficili delle prossime settimane”. Ma la sensazione è che i passaggi difficili, per i Dem, debbano ancora arrivare. askanews