Tutte le volte che ha inciampato, ha subito ripreso la marcia con vigore. E, tutte le volte che l’hanno dato per morto (politicamente), puntualmente, s’è avverato il miracolo. Qualcuno sostiene che Silvio Berlusconi ha più vite dei gatti. Non lo sappiamo. Sappiamo, invece, che il Cavaliere è protagonista della politica italiana da un quarto di secolo. Nel bene o nel male. Negli ultimi venticinque anni, l’ex premier è sopravvissuto a tutto e tutti. E sono tante le armi che gli hanno permesso di risorgere regolarmente a differenza di quegli avversari che lo davano per finito e invece sono caduti, qualcuno in malo modo. Ha vissuto l’uscita dalla scena politica del comunista Fausto Bertinotti, del Professore Romano Prodi, dell’ex comunista Massimo D’Alema, per citare alcuni pezzi da novanta. Il primo a subire il colpo letale berlusconiano, fu il comunista, Achille Occhietto. Siamo nel 1994, la campagna elettorale si chiude con il duello televisivo tra Berlusconi e il segretario del Pds. Occhetto si avventura nella tana del leone, negli studi di Canale 5. E ne esce sconfitto. Inizia la prima esperienza di governo di Berlusconi. E inizia anche il suo calvario. A Napoli, dove si trova per presiedere un vertice internazionale sulla criminalità organizzata, al Cavaliere notificano un avviso di garanzia. Da quel momento il leader di Forza Italia ne ha vissute di tutti i colori. È stato martirizzato eppure non ha mai mollato. Deriso, insultato, perseguito penalmente. E’ stato ‘lapidato’ anche dalla sua ultima ex moglie.
Il 28 aprile 2009, in una dichiarazione, l’allora first lady Veronica Lario definisce il Cavaliere “un uomo malato” che “frequenta le minorenni”. Circondato da “un ciarpame senza pudore”. Parole forti che vanno al di là di ogni contrasto di coppia. Certo è che da lì in poi è stata un’escalation. Prima Patrizia D’Addario, poi Ruby Rubacuori, “la nipote di Mubarak”. E ancora, le notti di Arcore, Nicole Minetti, il Bunga bunga. Qualche fascicolo è ancora aperto in Tribunale. Ma lui è ancora sul pezzo. Berlusconi lotta anche con un tumore alla prostata, e lo sconfigge. Come esce indenne dai brutti scompensi cardiaci. Insomma, ne ha subite più di San Sebastiano, come si suole dire. Per non parlare delle stoccate ricevute da coloro che hanno avuto la ribalta proprio dallo stesso Berlusconi. A partite da Gianfranco Fini, il quale illuminato dall’onnipotenza, un bel dì decide di fare fuori (politicamente) il Cavaliere. La scintilla scoppia nel 2010, durante una infuocata Direzione del Pdl. L’immagine indelebile è quella di Berlusconi che affonda i colpi dal palco e di Fini che gli sta a pochi metri agitandogli l’indice contro: “che fai, mi cacci?”. Dopo mesi di gelo, incomprensioni e accuse sotterranee, il braccio di ferro diventa pubblico, in diretta tv, facendo il giro dei tg italiani e stranieri. Il resto è noto. Qualche anno dopo, ci prova Angelino Alfano.
Due mesi dopo la condanna definitiva in Cassazione, siamo a ottobre 2013, Alfano molla Berlusconi di cui era stato per anni assistente, ministro, segretario (Pdl) e delfino designato, fondando il Nuovo centrodestra per restare al governo, con una scommessa mai dichiarata, ma evidente: Berlusconi non sarebbe politicamente sopravvissuto alla sentenza che gli rendeva impossibile la candidatura e il nuovo partitino ne avrebbe ereditato i voti. Non è andata così. Fuori due. Parentesi: tra i record che detiene Berlusconi, c’è quello di avere guidato il governo più lungo della storia repubblicana (1.409 giorni). Intanto, arrivano i giovani. Sulla scena irrompe Matteo Renzi. Appena eletto segretario del Pd fa un giro di valzer con il Cavaliere ai servizi sociali a Cesano Boscone, lo chiamarono il patto del Nazareno. Nessun patto, perché nella lista di coloro che dovevano essere rottamati, Renzi mette pure Berlusconi. Ma anche il neo senatore, fa cilecca. A mettere all’angolo il Cavaliere tenta anche il più giovane dei candidati premier: Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 Stelle, classe 1986. Quando Berlusconi scese in campo e fondò Forza Italia doveva ancora compiere otto anni. Ora in molti pensano che a seguire le orme di Fini e Alfano, sarà Matteo Salvini. Ma è ancora presto per conoscere il finale.