Il contratto di governo siglato da Movimento 5 Stelle e Lega non passa l’esame di Confindustria. L’attacco non è diretto, la parola contratto di governo non compare mai, ma nella lunga relazione del presidente Vincenzo Boccia le critiche, anche aspre, ai contenuti di quella intesa sono numerose. Punto per punto, in occasione dell’assemblea annuale, Boccia smonta l’impalcatura economica dell’accordo tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, pur avendo, subito dopo le elezioni, riconosciuto il ruolo politico del Movimento fondato da Beppe Grillo. Il leader degli industriali difende l’euro e il ruolo dell’Italia in Europa, dice no ad operazioni stravaganti sul debito pubblico e a tagli generalizzati delle imposte, chiede garanzie per l’Ilva e la Tav, si mostra perplesso sul reddito di cittadinanza e sull’idea di smontare la riforma Fornero. Bisogna sì “cambiare” ma “senza distruggere”. E, poi, “non è affatto chiaro dove si trovino le risorse per le tante promesse”. Quello che più colpisce è il messaggio che invia ai politici: all’Italia servono leader capaci di prendere decisioni nell’interesse nazionale. In politica, è il ragionamento di Boccia, non bisogna prendere facili scorciatoie e farsi guidare dall’urgenza di un consenso immediato, ma occorrono “pazienza e lungimiranza” da declinare in “programmi di governo e non elettorali”. Dialogo, confronto e bilanciamento degli interessi sono le parole chiave. Compito della politica, insomma, non è quello di “sommare e replicare le spinte che provengono dal basso, dalle rispettive basi elettorali”, ma offrire “risposte ai disagi provenienti dalla società” senza chiudersi “nel recinto della mera constatazione di quei disagi”.
La democrazia ha bisogno di quelle che Boccia chiama “competenze”, parola scelta non a caso, che “sappiano interpretare il bene comune e perseguirlo anche a costo di scelte impopolari”. Ecco allora i suggerimenti che arrivano dagli industriali. La “vera missione Paese” è “la creazione di lavoro”, prima di tutto per i giovani. Non servono “scorciatoie, per quanto allettanti, che possono solo condurre in vicoli ciechi”. Dunque, “meno enfasi sulle pensioni e più sul lavoro che acquista una centralità assoluta”, è il monito di Boccia. “Le pensioni sono importanti, un diritto acquisito e sacrosanto, ma non possiamo scaricarne l’onere – osserva – sui giovani, già gravati dal peso del debito pubblico” . E, pur senza citare in modo esplicito il reddito di cittadinanza, il presidente di Confindustria afferma che solo “il lavoro abbassa il bisogno di garantire chi un reddito non riesce a procurarselo”. Poi dice no alla chiusura dell’Ilva, “la più grande acciaieria d’Europa”, e ribadisce la centralità delle infrastrutture. Non si può, ogni volta che cambia il governo, “rimettere in discussione scelte strategiche per il nostro futuro, a partire dal Terzo Valico, dalla Tav e dalla Tap” altrimenti si condanna l’Italia all’isolamento. Quanto all’euro, Boccia ricorda che l’adesione fu “una scelta faticosa ma lungimirante di un grande italiano, Carlo Azeglio Ciampi”.
Oggi “l’Europa è imprescindibile” e il ruolo dell’Italia all’interno della casa comune va rafforzato “con una presenza costante e competente nei luoghi dove si decide” ancor di più in vista delle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno. Serve, inoltre, quella che Boccia chiama “responsabilità verso il nostro debito pubblico”, un mostro da 2.300 miliardi, con una politica che rassicuri sulla sua graduale riduzione. Proprio l’alto debito “richiede prudenze nei tagli generalizzati delle imposte”. Ecco allora il passaggio sulla “politica fiscale” che ha bisogno di “una regia chiara, ferma e coerente, che sappia essere immune da manovre volte solo a captare consenso politico”. Il Paese sta attraversando un “momento delicato”, la forza della ripresa economica “scricchiola”, ma l’Italia resta, a giudizio del presidente di Confindustria, un grande Paese industriale “dalle enormi potenzialità”. Tuttavia “nulla è per sempre” è l’avvertimento che arriva da Boccia: “possiamo progredire lungo la strada della crescita e del lavoro o possiamo fare passi indietro”. Il rischio, allora, è quello di “tornare a un’Italia povera e agricola”. Per non fare danni al Paese serve un “forte impegno collettivo” e “nessuno può tirarsi indietro”. Questo è il momento “in cui trasformare le speranze in fatti, le parole in azioni coerenti, per quel futuro che deve costruire occasioni di sviluppo e di lavoro”, è l’appello finale di Boccia.