Conte alla Camera: regolamento di Dublino va superato non riformato

27 giugno 2018

Superare la riforma di Dublino e il criterio del paese di primo arrivo, creare centri di protezione internazionale nei Paesi di transito, centri di accoglienza in più Paesi europei, adottare adeguate contromisure finanziarie nei confronti degli Stati che non si offrono di accogliere rifugiati. Sono alcuni dei dieci punti della proposta italiana sull’immigrazione, “una european multilevel strategy for migration”, presentata oggi dal premier Giuseppe Conte in aula alla Camera in vista del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno a Bruxelles. Una proposta recepita nella risoluzione di maggioranza (Lega e M5s) approvata dall’assemblea di Montecitorio ma non nella parte delle sanzioni ai paesi europei che non accettano rifugiati di cui, tra gli impegni chiesti al governo, non c’è traccia.

Ecco i dieci obiettivi di Conte

1) “Intensificare gli accordi e i rapporti tra Unione Europa e Paesi terzi, da cui partono e transitano i migranti e investire in progetti di sviluppo, formazione, occupazione, che contribuiscano a ridurre all’origine il fenomeno dell’emigrazione, prevenendo i flussi e, quindi, riducendo anche i viaggi della morte. Intensificare ad esempio i rapporti con la Libia, con il Niger, col cui aiuto abbiamo già ridotto in modo significativo le partenze in quest’anno, nel 2018”.

2) “Creare centri di protezione internazionale nei Paesi di transito per offrire assistenza e consulenza giuridica ai migranti, in modo da gestire in via anticipata e più rapida le richieste di asilo e organizzare i rimpatri volontari assistiti verso i Paesi di origine. Per ottenere questi risultati ovviamente dobbiamo coinvolgere anche le organizzazioni internazionali, che peraltro si sono già dichiarate disponibili, quali l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Occorre stanziare fondi più cospicui a favore del Trust fund dell’Unione europea per l’Africa, in particolar modo deve essere rifinanziata la finestra Nordafrica, alla quale contribuiamo in modo significativo noi e la Germania”.

3) “Rafforzare le frontiere esterne dell’Unione europea, non solo con iniziative e operazioni sotto l’egida della stessa Unione europea, ma anche con il supporto della Guardia costiera libica e anche dobbiamo favorire e incrementare gli accordi con Paesi nordafricani e mediorientali, volti se del caso a esternalizzare i controlli di frontiera, integrandoli semmai anche con personale dell’Unione europea. L’Italia sta già sostenendo queste missioni, Eunavfor-Med operazione Sophia e Joint Operation Themis, e sta già supportando efficacemente la Guardia costiera libica; occorre, però, un ulteriore sforzo in questa direzione”.

4) “Superare il regolamento di Dublino, che non va riformato in qualche suo passaggio, ma va superato perché non ci sono più dubbi oggi sul fatto che sia del tutto inadeguato a gestire i flussi migratori sulla base del fatto che solo il 7 per cento dei migranti sono rifugiati. L’attuale sistema comune europeo di asilo si fonda su un tragico paradosso: i diritti delle persone che intendono richiedere asilo vengono riconosciuti soltanto nel momento in cui gli interessati riescono a raggiungere le coste dell’Europa. Ecco, questo momento va anticipato, anche al fine di tutelare i loro interessi e di garantire più sicurezza al nostro Paese”.

5) “Superare il criterio del Paese di primo arrivo; anche questo non è idoneo a gestire in modo adeguato i flussi migratori. Affermare il principio che chi sbarca in Italia – ma lo stesso vale per la Grecia, per Malta, per la Spagna – sbarca in Europa: le coste italiane sono coste europee; se davvero esiste un’Europa, l’Europa di Schengen, fondata sul binomio responsabilità-solidarietà allora questo criterio del Paese di primo arrivo va rivisto e superato”.

6) “Unione europea e Stati membri devono assumere una responsabilità comune europea sulle persone, sugli uomini e sulle donne salvate in mare. È impensabile, oltre che profondamente ingiusto, che la responsabilità in ordine alle richieste di asilo ricada tutta esclusivamente sui Paesi di primo arrivo”.

7) “Superare il concetto di attraversamento illegale per le persone che sono soccorse in acque internazionali e portate a riva in adempimento agli obblighi internazionali e nazionali, ad esempio a seguito dell’attività di search and rescue. Bisogna, insomma, scindere il piano dell’individuazione del porto sicuro di sbarco dal piano dell’individuazione dello Stato competente ad esaminare le richieste di asilo. L’obbligo di salvataggio che risponde alla legge del mare e risponde alle convenzioni internazionali non può diventare obbligo di processare le domande per conto di tutti. L’Unione europea deve contrastare, con iniziative comuni e non solo affidate ai singoli Stati membri, la tratta di esseri umani e combattere ben più efficacemente le organizzazioni criminali che alimentano i traffici e le false illusioni dei migranti”.

8) “Non possiamo portare tutti in Italia o in Spagna; occorrono centri di accoglienza in più Paesi europei, per salvaguardare i diritti di chi arriva ed evitare problemi di ordine pubblico e di sovraffollamento. Occorre, poi, che, nel quadro di ripartizione delle responsabilità, vengano realmente portati a termine i ricollocamenti”.

9) “Occorre contrastare il fenomeno dei movimenti secondari, certo, ma, attuando i principi sopra esposti e realizzando gli obiettivi sopra indicati; gli spostamenti intraeuropei di rifugiati risulteranno marginali e potrebbero agevolmente diventare oggetto di efficaci intese tecniche tra i Paesi maggiormente interessati”.

10) “Ogni Stato stabilisce quote di ingresso dei migranti economici, è una facoltà che scaturisce direttamente dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articolo 79, quinto comma). È un principio che dobbiamo rispettare, anche perché non sembra questo il tempo di proporre cessioni di sovranità in ordine alle politiche pubbliche sulla gestione dei flussi migratori. Questo principio, tuttavia, va controbilanciato con la previsione e il rafforzamento di adeguate contromisure finanziarie nei confronti degli Stati che non si offrono di accogliere rifugiati”.

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