“E’ plausibile la richiesta di una manovra correttiva in corso d`anno”. L’avvertimento arriva dal Centro Studi di Confindustria che, negli ultimi Scenari Economici, vede un rallentamento dell’economia italiana. “Nel definire la politica economica in vista della Legge di Bilancio, va evidenziato – ha osservato il Csc – che gli spazi di manovra per l`Italia concessi dalle regole europee sembrano molto limitati. Al contrario, quest`anno è dubbio il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita con i numeri presentati nel Def”.
E’ stata ottenuta molta flessibilità dall’Europa, quasi 30 miliardi di euro, e “le clausole di salvaguardia sono state disinnescate per tre quarti in deficit”. Ora, secondo il Csc, “molto dipenderà dalle scelte di politica economica che adotterà il governo riguardo la clausola di salvaguardia, l’attuazione di alcune misure espansive indicate nella risoluzione al Def e nel contratto di governo e l’intenzione di rispettare i vincoli di bilancio. Non è chiaro come queste potranno essere conciliate”.
Nello scenario previsivo del Def, se si dovesse rispettare pienamente il percorso verso il pareggio di bilancio, per il 2018 sarebbe necessaria una correzione strutturale dei conti pubblici di 0,2 punti di Pil (circa 3,5 miliardi di euro) in corso d`anno, che farebbe scendere il deficit all`1,4 per cento del Pil. Infatti, secondo le regole, la correzione sarebbe dovuta essere di 0,6 punti di Pil e la Commissione europea aveva accettato a fine 2017 che scendesse a 0,3 punti; ma nel Def di aprile scorso la riduzione del saldo strutturale è di soli 0,1 punti di Pil.
Secondo la previsione del Csc, peggiore di quella del Def, la correzione richiesta salirebbe a 0,5 punti di Pil, pari a poco meno di 9 miliardi. Nel 2019, la correzione dovrebbe essere di 0,6 punti di Pil (quasi 11 miliardi). Guardando ai numeri, per il Csc il deficit pubblico resta su un sentiero di lenta discesa, dal 2,3 per cento del Pil nel 2017 all`1,9 per cento quest`anno e all`1,4 per cento nel prossimo. Il rapporto debito pubblico/Pil è in leggera diminuzione, al 131,6 per cento nel 2018 (dal 131,8 per cento nel 2017) e al 130,7 per cento nel 2019.
Si tratta di un livello “ancora molto alto, frutto anche del risanamento solo parziale dei conti pubblici avvenuto negli ultimi tre anni di ripresa economica”, ha evidenziato il Csc. Tra il 2014 e il 2017 l`Italia è stato uno dei pochissimi paesi europei che non ha ridotto il rapporto tra debito pubblico e Pil. Oggi, “rischia di dover affrontare il rallentamento dell`economia globale e nazionale senza aver messo in piena sicurezza i conti pubblici”.
Tornando ai numeri diffusi dal Csc, la spesa delle famiglie italiane, quest’anno, è prevista rallentare all`1,2 per cento e il prossimo anno decelerare all`1 per cento. Quanto all’inflazione, la dinamica annua dell`indice dei prezzi al consumo in Italia, dopo il +1,2 per cento nel 2017, si assesta nel 2018, in media, al +1 per cento e risale al +1,3 per cento nel 2019, restando lontana dall`obiettivo Bce (+2,0 per cento). Nello scenario Csc è incorporata l`ipotesi che la clausola di salvaguardia sia sterilizzata e non scattino gli aumenti delle aliquote Iva. Sul fronte dei conti pubblici, il Csc stima un indebitamento netto della Pubblica Amministrazione in calo all`1,9 per cento del Pil quest`anno (dal 2,3 per cento nel 2017) e all’1,4 per cento nel 2019.
Il rapporto debito pubblico/Pil scende al 131,6 per cento nel 2018 (dal 131,8 per cento del 2017) e al 130,7 per cento nel 2019. La pressione fiscale si attesta al 42,1 per cento del Pil nel 2018 (in calo dal 42,5 per cento del 2017), arrivando a toccare il livello più basso dal 2011, per poi risalire al 42,3 per cento l`anno. Il rialzo nel 2019 è attribuibile al maggior gettito derivante dall’eliminazione delle agevolazioni fiscali sulle imposte dirette e dalle maggiori entrate in conto capitale. L`incidenza effettiva della pressione fiscale sul Pil depurato dal sommerso è del 47,6 per cento quest`anno e sale al 47,8 per cento nel 2019. Infine, guardando al mercato del lavoro, a fronte di tassi di crescita della forza lavoro più contenuti, la disoccupazione scenderà al 10,9 per cento nel 2018 e al 10,6 per cento nel 2019.