Un “summit postmoderno” dove “l’immagine sarà molto più importante dei contenuti” e dove l’incontro tra “due maschi alfa” potrebbe riservare grandi sorprese. Così Sergey Markov, politologo e uomo considerato vicino a Vladimir Putin, in un colloquio con Askanews sul summit che si terrà a Helsinki il 16 luglio, tra il leader del Cremlino e il capo della Casa Bianca Donald Trump. E se le aspettative sembrano alzarsi ogni minuto che passa, la maratona politica di Putin e Trump per Markov è “in primo luogo un summit molto, molto particolare. Per diverse ragioni”.
L’immagine, ossia la foto ricordo della stretta di mano, è quello di cui ha bisogno Trump per mandare alcuni messaggi in primis agli europei, ma anche alla Cina, all’Iran e alla Nordcorea, secondo l’esperto. Se il messaggio al vertice Nato di ieri a Bruxelles, del leader americano, puntava ad alzare il contributo dei rispettivi Paesi alla spesa per la difesa del Vecchio continente, è chiaro che nell’appuntamento di lunedì il presidente statunitense vorrà mostrare le eventuali conseguenze di un no europeo: quel “se non ci mettiamo d’accordo, io…” potrebbe acquisire ancora più peso sulla bilancia usata da chi dovrà prendere una decisione. Ma il destinatario del messaggio è anche la Cina: “tu pensi che la Russia sia solo un tuo amico, può essere anche il mio”, sarà il sottotesto di Trump, secondo Markov; all’Iran: “tu devi essere più attento e capire che la Russia non è una tua esclusiva”; e alla Corea del Nord. “Ma sarà solo immagine”, sottolinea il politologo. E tuttavia l’immagine nella comunicazione a stelle e strisce oggi ha una parte essenziale.
Anche Putin intende usare il summit da questo punto di vista e “avrà i suoi messaggi da mandare agli europei che partecipano alla guerra ibrida contro Mosca”, quella delle sanzioni, secondo Markov. Smentire davanti a Paesi “come l’Italia, l’Austria o l’Ungheria, che ci sia un ordine che viene da oltreoceano per il rinnovo delle sanzioni”, ovvero dimostrare che non è vero che il rinnovo sia obbligatorio; ad altri come Germania o Francia, “far capire che dagli Usa non verrà alcuna compensazione per il fatto di cavalcare gli attacchi sanzionatori nei confronti di Mosca. Dire loro chiaramente: non avrete niente in cambio” a fare gli alfieri della politica dura contro Mosca. E poi ancora ai russi, ovvero ai propri connazionali. In questo senso il summit di Helsinki ha un significato molto profondo. Putin potrà infatti dimostrare il teorema che “non ci sarà alcun perenne isolamento” della Russia. La foto ricordo nelle sue meni servirà a indicare che l’isolamento non esiste, che la Crimea ormai di fatto appartiene alla Federazione russa.
Insomma un messaggio profondo alla coscienza del suo popolo: “non abbiate paura!”. Sarà inoltre un vertice “contro”, in primo luogo “antieuropeo (entrambi hanno molte pretese da avanzare agli europei, il primo sulle spese per la Nato, il secondo per la crisi ucraina) e gli europei lo sanno bene; anti-iraniano (l’Iran sarà al centro del discorso di Trump); anticinese”. E anche un vertice “esistenziale: uno scambio filosofico tra due maschi alfa della politica mondiale che possono lasciarsi da amici o da nemici. Nessuno lo sa come andrà: neppure loro”. Molto secondo Markov dipenderà dalla “psicologia” di questi “due rivoluzionari: contro la globalizzazione uno, contro il dominio occidentale l’altro”.
E ancora sarà il vertice della possibile “catarsi” nei rapporti sulla crisi ucraina: se Putin riuscirà a dimostrare a Trump la tesi russa sull’Ucraina “che gli Usa sostengono frange di neonazisti ucraini (gli Usa non amano storicamente il neonazismo e Trump con loro)”, e che sono stati “commessi crimini di guerra in territorio ucraino, condanne sommarie. E se questa politica non si ferma, è alto il rischio di un tribunale dei diritti dell’uomo, dove a essere accusati potrebbero essere anche ufficiali americani. Se insomma Putin riuscirà a convincere Trump che questi due aspetti sono realistici, ci potrebbero essere cambiamenti cardinali della politica. Non solo ucraina, ma anche europea”. askanews