L’organizzazione non governativa Proactiva Open Arms è arrivata ieri a Palma di Maiorca, in Spagna, dove ha sbarcato l’unica sopravvissuta a un naufragio dei giorni scorsi al largo della Libia – la camerunense Josefa – e i due cadaveri raccolti in mare accanto alla superstite, quello di un’altra donna e di un bambino di circa cinque anni.
L’ong ha annunciato di avere portato il caso in tribunale, accusando la Guardia costiera libica di abbandono di migranti in alto mare e omicidio colposo. E su twitter, il fondatore dell’ong Oscar Camps ha fatto sapere di estendere la denuncia a Italia e Malta per omissione di soccorso. “Siamo indignati, denunciamo nuovamente le politiche attuate nel Mediterraneo centrale, non solo da un governo ma da più parti. Le difficoltà che abbiamo affrontato per salvare una sola vita sono incredibili”, ha denunciato Camps.
Le due barche dell’organizzazione (oltre alla Open Arms anche il veliero Astral) hanno attraccato alle prime ore del mattino. Il fondatore di Proactiva Open Arms, e’ andato in tribunale poco dopo l’attracco al porto di Palma per testimoniare davanti al giudice, Manuel Penalva, e al pubblico ministero, Ladislao Roig: “Speriamo che sia aperta un’indagine e il caso arrivi al tribunale nazionale, dobbiamo sapere esattamente cosa e’ successo”, ha sottolineato l’attivista.
Josefa è stata presa in consegna dalla Croce Rossa spagnola, mentre i due cadaveri sono stati portati via da un carro funebre. Nel frattempo, i membri dell’ong si sono recati al tribunale di Palma ed hanno presentato una denuncia per omissione di soccorso e omicidio colposo contro il capitano della Triades, il mercantile battente bandiera panamense che per primo ha individuato i migranti ed ha avvertito la Guardia costiera libica, senza però offrire soccorso ai naufraghi.
“Lo faremo anche contro il capitano del pattugliatore della Guardia costiera libica e contro qualsiasi altra persona che possa aver partecipato agli eventi con azioni o omissioni”, ha detto Oscar Camps, ribadendo l’intenzione di presentare una denuncia anche contro la Guardie costiera italiana “che avrà qualcosa da dire su quello che è successo a 80-90 miglia dalla sua costa, quasi alla stessa distanza della Libia”. Immediata la replica della Guardia Costiera italiana che ha precisato di “non essere mai stata coinvolta nel soccorso del gommone, ritrovato successivamente da parte della stessa ong”.
In pratica, secondo Camps, il naufragio si è verificato a 80 miglia al largo della costa della Libia e a 90 dall’isola di Lampedusa, il fondatore della Ong Proactiva ha quindi criticato il rifiuto di Italia e Malta di sbarcare i cadaveri e la donna sopravvissuta e ha sostenuto che vi è una “campagna diffamatoria” condotta dai media e dalle autorità italiane. L’ong spera che l’Audience nationale, che è responsabile dei casi più complessi, sarà in grado di avviare un’indagine. Intanto ha chiesto alla procura di “proteggere Josefa perché è l’unica sopravvissuta”, ha spiegato Camps, definendo la donna ancora “sotto shock”.
“Tutti esigono una risposta per sapere cosa è successo”, ha commentato la stella del basket spagnolo Marc Gasol, che faceva parte della missione di salvataggio. Tra i membri del’equipaggio c’era anche Erasmo Palazzotto, deputato di Leu e volontario, che ha voluto ringraziare il governo spagnolo per la “prova di civilta’”. Lapidario, invece, il commento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli: “Mi spiace, ma Open Arms sbaglia obiettivo. Italia e’ esempio nel Mediterraneo per umanita’ ed efficienza soccorsi. Parlano i numeri. Avevamo dato disponibilita’ a curare Josepha e aperto porto a Catania. Polemiche strumentali non ci interessano, si lavora per evitare morti in mare”.