Sabato chiuderà i battenti. Ma al Meeting di Rimini nessun pezzo da novanta della politica lascerà le sue tracce. Sono finiti i tempi degli Andreotti, Formigoni, Bersani, Prodi, Tremonti. Il parterre della kermesse è a ranghi ridotti. Comunione e liberazione, spesso definita “lobby di danaro e di potere”, non ha invitato neanche il premier Conte e i suoi due vice, Salvini e Di Maio. Per dirla con Marco Aluigi, vice direttore del Meeting, “bisogna ripartire dal desiderio di felicità di ogni singola persona”. La trentanovesima edizione sarà animata da 148 gli incontri, 14 mostre, 32 manifestazioni sportive. Una macchina messa in moto da circa 3mila volontari. Innovazione, integrazione, astrofisica, il cinquantesimo del criticato Sessantotto sono i temi portanti.
Direttore Aluigi, qual è oggi l’obiettivo del Meeting?
“E’ la sfida che lanciamo in questa edizione: ‘Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice’. In sostanza, vogliamo porre l’accento sulla felicità dell’uomo come motore per muovere la società, la storia particolare di ogni singolo uomo. Pensiamo che ci sia bisogno di momenti di approfondimento e di incontri”.
Uno dei valori del Meeting?
“La possibilità di dialogare, di comprendere le ragioni dell’altro, di vedere che insieme costruire per il bene comune è possibile e più che farlo con una serie di proclami si può fare condividendo. E qui si incontrano una serie di persone che raccontano un pezzo della loro vita, circostanze particolari, che però possono essere d’aiuto a tutti. Uno dei temi di questa edizione, per esempio, è la sofferenza dell’uomo e che si collega all’esser felice. E in merito è dedicata la mostra di punta della manifestazione incentrata sulla figura di Giobbe. Sembrerebbe provocatorio, ma Giobbe è l’emblema dell’uomo che si rivolge a Dio perché pensa di essere stato abbandonato. Rappresenta quindi tutto il tema della sofferenza, del dolore con cui, in misura diversa ma del tutto personale, ciascuno di noi ha a che fare durante la vita. E una settimana fa, il tema del dolore s’è riproposto in maniera drammatica all’opinione pubblica con il crollo del ponte a Genova”.
Cosa è cambiato in questi circa quarant’anni di percorso?
“Dopo i primi ventitré anni, la kermesse ha cambiato location, passando dal 2003 dai locali della cosiddetta vecchia fiera di Rimini, ai nuovi siti fieristici, triplicando anche gli spazi. Lo spirito della manifestazione, invece, è lo stesso dal 1980 a oggi: incontrare tutto il mondo, non ha caso è stato chiamato il “Meeting per l’amicizia tra i popoli’. Certo, ci sono stati dei momenti in cui il Meeting era più vicino alla politica del Paese. Ma in questi ultimi anni c’è stato un percorso di sempre più consapevolezza della coscienza delle persone, degli stessi volontari e del pubblico che veniva alla kermesse. Quindi, il tentativo di catalogare la manifestazione come di tipo politico e religioso, allo stato attuale è una definizione che non condividiamo. Insomma, quello che è cambiato è che non più possibile catalogare il Meeting il ‘ripartire’ della politica dopo la pausa estiva. In altre parole, i politici vengono al meeting perché invitati come tutti gli altri ospiti per confrontarsi su una serie di temi”.