Ecco perché il reddito di cittadinanza non mi convince

21 settembre 2018

Il reddito di cittadinanza esiste da anni in tanti paesi europei. In Germania e in Inghilterra i disoccupati sono seguiti da consulenti pubblici che li aiutano a “riconvertirsi”, se necessario, e a trovare un posto. In Francia il presidente Macron sta mettendo a punto proprio in questi giorni un piano molto ambizioso.

Penso che la proposta di prevedere un assegno di dignità anche in Italia, dando ai cittadini la possibilità di svolgere lavori socialmente utili e di frequentare corsi di formazione, sia ottima. Anche solo per ricostruire i centri per l’impiego (servono 2 miliardi) che ora non funzionano. Eppure nel reddito di cittadinanza c’è un paradosso. Il testo, su cui il M5S si sta impegnando da tempo, prevede che il disoccupato perde il sussidio di 780 euro al mese se rifiuta due proposte di lavoro. Giusto.

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Ma da dove arriveranno queste due fantomatiche proposte di lavoro? Se in Italia fosse possibile a ogni disoccupato scegliere tra due opportunità di lavoro non ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza. Non vorrei che un principio giusto e applicato in maniera corretta in tanti paesi diventasse da noi soltanto un modo di dare un contributo ai disoccupati o, peggio, un motivo per spingerli, contestualmente, ad arrotondare in nero (tanti italiani che lavorano guadagnano, purtroppo, tra i 700 e gli 800 euro al mese.

Non gli converrebbe ottenere l’assegno e mettersi in tasca qualche soldo in più senza pagare le tasse?). Ovviamente spero di no. Ma delle due l’una: se in Italia il lavoro c’è non serve il reddito di cittadinanza, se non c’è (come credo io) la vera sfida è crearlo (senza raccontare che oltre al sussidio mensile il nostro Paese garantirà due proposte di lavoro per ogni disoccupato).

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