“L’immigrazione non è una sfida solo per i leader politici ma investe anche la Chiesa”

“L’immigrazione non è una sfida solo per i leader politici ma investe anche la Chiesa”
Cardinale Pietro Parolin
30 settembre 2018

Intervista a Pietro Parolin, dal 15 ottobre 2013 segretario di Stato di Sua Santità. Il 26 giugno scorso, papa Francesco lo eleva all’ordine dei cardinali vescovi.

L’umanità errante è il fenomeno più impressionante della storia contemporanea. Quali interrogativi esso pone alla Chiesa Cattolica? 

“Trovo questa domanda particolarmente interessante, perché ci sono almeno due modi di intendere il fenomeno al quale si fa riferimento: l’umanità errante e le persone migranti. Da un lato, infatti, l’immagine del “vagare” senza una meta sembra caratterizzare la vita di non pochi di noi.  Se vogliamo essere sinceri, il senso di inquietudine e di spaesamento ha sempre fatto un po’ parte della storia dell’umanità.  Come non sentire vicino a noi l’esperienza del popolo di Dio che vaga nel deserto? Anche noi ci aggiriamo per le nostre strade talvolta insoddisfatti e, più ancora, ci muoviamo nella nostra vita interiore con un grande desiderio di libertà, senza però trovare il bandolo della matassa.

Le decisioni prese vengono dopo qualche tempo rimesse in discussione, le persone che noi amiamo e dalle quali siamo amati ci appaiono all’improvviso estranee, i progetti sui quali avevamo puntato le nostre energie perdono attrattiva, non ci dicono più niente. Ciascuno di noi, prima o poi, sperimenta questa prova: la sensazione di vagare senza meta. E proprio a ciascuno di noi si presenta sempre, in modo irresistibile e affascinante, la certezza dell’amore di Dio e la convinzione che la nostra stessa vita è intrisa di profonda bellezza e di un luminoso significato. Considero questo annuncio il compito fondamentale della Chiesa di oggi, la sua vera vocazione, come già ricordava il Beato Paolo VI, soprattutto in quelle aree del mondo che si considerano più sviluppate e dove la gente pare allontanarsi dalle proprie radici cristiane.

D’altro lato, l’immagine delle migrazioni, dello spostamento di etnie e di gruppi umani ci ricorda che moltissimi nostri fratelli abbandonano le loro case e le loro terre perché guerre, violenze e povertà rendono impossibile anche solo la semplice sopravvivenza. La pressante questione delle migrazioni non è una sfida solo per i leader politici. Essa infatti investe anche la Chiesa. Ciascuno di noi deve sentirsi interpellato. Mi domando spesso se siamo veramente capaci di accogliere lo straniero dal profondo del cuore nelle nostre comunità, nelle parrocchie, nelle case religiose. Papa Francesco continuamente ci richiama all’importanza di accogliere i migranti. Egli, nello stesso tempo, riconosce che non è cosa facile.  Sempre però la nostra fede cristiana ci ricorda che il povero e l’abbandonato non sono solo fratelli e sorelle nostri, ma rappresentano Cristo, assetato del nostro amore. Certamente il ricordo delle migrazioni avvenute in tempi meno recenti ci insegna quanto grande è stato il contributo che i migranti hanno dato ai Paesi che li hanno integrati. Penso in particolare agli italiani, che hanno collaborato allo sviluppo sociale, culturale ed economico degli Stati Uniti d’America o del Venezuela, per esempio, dove ho avuto modo di rendermene conto personalmente”.

I mutamenti della mentalità dell’epoca attuale costituiscono per la Chiesa Cattolica una sfida, sicuramente sofferta, a rivisitare alcuni principi fondanti che l’hanno guidata nel corso dei secoli. Lei ha affermato che “Il celibato non è un dogma della Chiesa” ed, inoltre, che è necessaria “una maggiore democratizzazione nella Chiesa”. Le chiediamo di volerci illustrare il Suo pensiero in merito.

“La sua domanda solleva un’importante questione storica. Guardare al passato, conoscere la storia dell’umanità, alla quale si intreccia quella della Chiesa, ci aiuta a cogliere meglio e a vedere in una prospettiva più chiara la situazione attuale e le sfide che ci attendono. Forse troppo spesso la Chiesa è vista solo da un punto di vista psicologico, sociologico o politico. Certo, lo capisco, ma quando questo tipo di mentalità penetra acriticamente anche nelle nostre comunità, tra i fedeli o addirittura nel Clero, rischiamo di entrare in un cono d’ombra, dove la realtà ci appare confusa e indistinta. La Chiesa non è un’entità puramente umana, di cui sentirci proprietari o sulla quale proiettare le nostre attese di cambiamento. Il Beato John Henry Newman, che aveva una colta conoscenza della storia della Chiesa, ci ricorda che “per essere buoni si deve cambiare, ma per essere perfetti occorre aver cambiato spesso”. Newman ha ben illustrato inoltre, come la stessa Chiesa aveva già compreso ed espresso in altri modi che il Magistero non è un monolite immutabile, ma un organismo vivente che cresce e si sviluppa. La sua reale identità non cambia, ma si arricchisce.

La Chiesa appassirebbe se non si sviluppasse. In questo senso, le questioni di oggi vanno affrontate facendo tesoro della preziosa eredità della nostra storia per dare ad esse una risposta che permetta al popolo di Dio di crescere e di svilupparsi armoniosamente. Talvolta, poi, sollevare domande è quasi più importante che dare risposte! Come importante è anche capire che non tutte le domande possono ricevere una risposta immediata! Come non dobbiamo intimorirci di fronte a temi che riguardano la disciplina della Chiesa, la quale può subire degli adattamenti. Per esempio, l’insegnamento circa il celibato ecclesiastico, che risale alla tradizione apostolica, ha trovato nel corso della storia differenti modalità espressive nella maggioranza delle Chiese cattoliche orientali, dove gran parte dei preti sono già legittimamente sposati.  Sono peraltro convinto che occorra oggi interrogarsi se il celibato sia vissuto in tutte le sue potenzialità e se sia apprezzato e valorizzato in ciascuna Chiesa particolare. Non mi aspetterei nessun drastico cambiamento su questo aspetto, se non in un’ottica di un suo graduale approfondimento a beneficio del popolo di Dio, e in particolare dell’esigenza principale della fede: l’annuncio del Vangelo all’uomo”.

Ritenere che tutto sia possibile sembra essere la filosofia dominante dell’epoca nella quale viviamo.  Come la Chiesa Cattolica interviene per riscattare il pensiero umano dal piano della superficialità, che cerca di affermarsi prepotentemente a danno della Verità che merita l’essere umano per affermare il senso autentico della propria dignità? La Chiesa Cattolica come affronta il tema dell’educazione dei popoli più indigenti perché rigenerino i propri territori, dimostrando amore verso di essi, in quanto Anch’Essi dono di Dio all’uomo, evitando di abbandonarli al degrado progressivo?

“Ritorniamo per un attimo all’esperienza del popolo di Dio nel deserto, per quarantanni, un tempo altamente simbolico! Mosè resta umilmente con la sua gente, nonostante dubbi, tradimenti, cinismo e rimpianti. Oggi Papa Francesco ci invita a questo tipo di umile ed empatica presenza perché il cuore di ciascuno di noi abbia il coraggio di restare là dove si trova, anche se a volte si sperimenta la delusione. Questa umiltà, di chi cioè resta sempre fedele compagno di viaggio di ciascun uomo e di ciascuna donna, educa le nostre comunità ad essere accoglienti e capaci di ascolto, a reagire con pazienza e sagacia al cinismo  e al nichilismo che pure ritroviamo dentro di noi.

Non separiamoci da chi ci sta accanto, ma teniamo accesa sempre e in ogni luogo la luminosa bellezza della fede che illumina la dignità della persona umana. Credo sia questo il miglior atteggiamento per educare, tenendo conto che così Dio educa il suo popolo, così educa ciascuno di noi.  In particolare, ciò è vero per quanto riguarda i popoli più indigenti: non basta, anche se è estremamente urgente e quanto mai necessario, parlarne per sensibilizzare. Occorre anche essere realmente prossimi, condividere, aiutare concretamente i loro sforzi a svilupparsi in modo degno, equo e progressivo.  Ciò è parte della missione della Chiesa.  Penso, ad esempio, a tanti missionari che operano sul campo, praticamente ad ogni latitudine.  E’ una missione che, in nome del Vangelo, mira a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo”.

L’economia “dal volto umano” è certo un’ideale, ma anche una meta verso cui incamminarsi da parte degli “uomini di buona volontà”. La Chiesa Cattolica, da sempre fautrice di un profondo impegno sociale, sicuramente interpella le coscienze di coloro che hanno in mano le redini dell’economia per renderla aderente, innanzitutto, ai bisogni umani. Quali sono gli orizzonti che la Chiesa Cattolica delinea a quanti decidono le sorti della vita economica? 

“Papa Francesco, nella sua Enciclica Laudato si’, ci ricorda che “ogni cosa è strettamente correlata”, così che, per tornare al riferimento di prima, una virtù come l’umiltà non è solo un elemento spirituale ma è anche un aspetto essenziale della vita politica ed economica.  Da oltre un secolo la Dottrina Sociale della Chiesa dialoga con le sfide economiche che segnano la storia dell’uomo. Lo stesso Papa emerito Benedetto XVI aveva reagito alla crisi finanziaria di una decina di anni fa con l’Enciclica Caritas in Veritate. Certo, le risposte della Chiesa non offrono soluzioni tecniche, non è di sua competenza, ma cercano di indicare una verità più profonda e cioè che gli essere umani da soli non sono in grado di dare risposte esaustive.

E’ importante infatti che al fondo di ogni attività che voglia ritenersi autenticamente umana e umanizzante si riconosca e si apprezzi sempre più la consapevolezza di non essere onnipotenti, ma dipendenti da Dio e interdipendenti tra di noi.  In questa luce, la Dottrina Sociale della Chiesa ricorda che, al centro dell’ambito economico-sociale, va sempre collocata quella realtà che agli occhi di Dio è la più preziosa: la persona umana, con la sua dignità unica, irripetibile e mai riconducibile agli interessi dei vari sistemi.  Questo è il contributo essenziale che la Chiesa oggi offre al mondo, un mondo sempre più tecnologico e complesso, dove l’attività umana, e il lavoro stesso, rischiano di essere svalutati”.

La famiglia tradizionale, duramente messa alla prova dal divorzio e dal dilagare della povertà, nonché dalle controverse filosofie che pullulano nel tessuto sociale, rischia di cedere il posto ad un nuovo modello di famiglia. La Chiesa Cattolica esprime, in merito, qualche preoccupazione? 

” Senza la famiglia non ci sarebbe la Chiesa e nemmeno la società umana. Mi rendo conto che le famiglie si trovano oggi davanti a enormi sfide. La Chiesa le accompagna ed offre ad esse il proprio aiuto pastorale e lo fa con l’ascolto, l’accompagnamento e l’insegnamento. Mi pare cruciale trasmettere alle nuove generazioni la bellezza di quanto conosciamo sulla vera natura del matrimonio, della famiglia e della sessualità umana. Al tempo stesso la Chiesa, come madre attenta e premurosa, vuole ed è chiamata ad ascoltare pazientemente le fatiche e le difficoltà degli individui e delle famiglie, qualsiasi siano le loro esperienze. Forse una delle maggiori difficoltà che le famiglie si trovano oggi ad affrontare è il male della povertà, che rischia di defraudare del proprio futuro intere società e Paesi.

Comunque, avendo recentemente partecipato all’incontro mondiale delle famiglie in Irlanda, ho avuto la gioia di conoscere, una volta di più, famiglie che, con l’aiuto di Dio e la fede in Lui, non solo resistono anche nelle situazioni più difficili, come quelle segnate da guerre e conflitti, ma sono in grado di dare una intensa e gioiosa testimonianza al Vangelo, facendo tanto bene per gli altri.  Non meno importante per le famiglie è l’appoggio che viene ad esse dalla Chiesa universale con la preghiera, con la fedele convergenza sui valori e con l’aiuto solidale”.

L’emancipazione delle donne sembra essere stata ridimensionata nell’attuale contesto sociale. E’ certo che una donna maltrattata e fragile è sminuita nella sua naturale missione pedagogica, presupposto dello sviluppo umano. In che modo la Chiesa Cattolica affronta il tema doloroso della violenza alle donne?

“In questi ultimi anni, in molti e differenti contesti, si è accresciuta la consapevolezza a riguardo delle violenze subite dalle donne. Resta ancora molto da fare, però, perché ogni donna si senta difesa e sicura. Certo, occorrono interventi di vario tipo, a cominciare da quelli legislativi, ma si tratta soprattutto di riscoprire e valorizzare la specifica dignità della donna e la sua vocazione nella società e nella Chiesa. Forse uno dei modi più efficaci di promuovere tale dignità è l’educazione in famiglia e nella scuola. Nello studio e nell’interazione sociale i giovani possono acquisire il senso del proprio valore e riconoscere la bellezza della complementarietà uomo-donna. Non manca poi la discussione per individuare modi nuovi e creativi della presenza della donna nella Chiesa. In particolare, si avverte il bisogno che le donne siano più coinvolte nei processi formativi e in quelli decisionali.  E’ comunque  necessario che la domanda sul ruolo della donna nella Chiesa e nel mondo trovi luoghi dove esprimersi compiutamente”.

Le origini eroiche ed appassionate della Chiesa Cattolica rappresentano un esempio che ridona fiducia ai credenti, in ogni parte del mondo. E’ ben evidente che far rinascere la passione dei primi cristiani e quell’anelito che conduce ad azioni trasformative è un impegno della Chiesa Cattolica odierna. Quali percorsi attendono l’universo cattolico su tale versante?

“La questione del rinnovamento della Chiesa non è un tema occasionale. Come nella vita di ciascuno di noi è necessario iniziare da capo ogni giorno ad amare noi stessi e le persone che ci stanno accanto, così anche per la Chiesa intera è necessario tornare ogni giorno alla freschezza delle proprie origini. L’amore inaridisce se non lo scegliamo quotidianamente. In modo più specifico Papa Francesco ci ha offerto due importanti documenti per il rinnovamento della vita della Chiesa. Il primo e più programmatico è l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, sull’annuncio del Vangelo nel mondo d’oggi. Il secondo è la recente Esortazione apostolica Gaudete ed exsultate sulla chiamata alla santità. Forse possiamo riassumere questi due documenti così: ogni cristiano è chiamato a essere santo e la vera santità si manifesta in una vita gioiosa. Così, attraverso la gioiosa condivisione della fede, la Chiesa stessa può annunciare con verità il messaggio di Gesù Cristo vivo nel mondo di oggi. San Paolo stesso ci dice che la vita cristiana è gioia nello Spirito Santo”.

Dirigersi oltre la passività, sinonimo della perdita della Speranza, è l’esempio che il mondo cattolico deve offrire alle Nazioni in fase di globalizzazione, a volte selvaggia. Le chiedo qual è il messaggio della Chiesa Cattolica ai popoli che affrontano la più prorompente trasformazione storica e, infine, Le chiediamo un Suo messaggio ai cittadini italo – americani e ai lettori di “America Oggi”.

“Il mio semplice messaggio alle persone che vivono la grandi sfide del mondo contemporaneo è lo stesso che i Papi recenti hanno più volte ripetuto. Sono le parole stesse di Gesù: “Non abbiate paura”! Non abbiamo da temere perché il Signore è con noi. Anche nelle situazioni più difficili, anche quando il male, in tutte le sue forme, sembra prevalere, noi sappiamo e crediamo che l’amore, la verità e la vita in Cristo hanno già vinto e sempre vinceranno. Ai cittadini italo-americani vorrei dire anzitutto un vero e affettuoso grazie! Grazie per il contributo che avete dato e che ancora offrite al Paese che vi ha accolti. In secondo luogo, dico pure a loro di non avere paura delle difficoltà che incontrano, di non avere paura della verità che ci rende liberi e di non perdere la fiducia nella Chiesa che, pure nelle sue fragilità e debolezze, conserva e offre sempre vivo il tesoro della vita nuova in Gesù Cristo.  In particolare, continuino a dare il loro apporto alla vita e alla missione della Chiesa negli Stati Uniti.  Infine, chiedo loro di essere generosi, perseveranti e creativi nel trasmettere alle nuove generazioni la fede in Gesù Cristo, che è la parte più preziosa della nostra eredità. Dio vi benedica!” (Intervista tratta da AmericaOggi)

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