Incubo colera a Napoli, mamma e figlio ricoverati al “Cotugno”

5 ottobre 2018

Torna l’incubo colera a Napoli a 45 anni dall’ultima epidemia. Una donna e il figlio di 2 anni, immigrati residenti a Sant’Arpino nel Casertano e appena rientrati da una visita ai parenti in Bangladesh, loro Paese d’origine, sono stati ricoverati all’ospedale “Cotugno” del capoluogo partenopeo dopo aver contratto il virus. La mamma non desta particolari preoccupazioni, più serie, invece, le condizioni del bimbo che, tuttavia, secondo i sanitari, sarebbe in fase di miglioramento, come ha spiegato Antonio Giordano, commissario straordinario dell’azienda ospedaliera dei Colli Monaldi, Cotugno e Cto.

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“In questo momento il bambino sta bene – ha spiegato – piange per l’appetito e ha voluto mangiare, e questo è un segno molto importante. Non ha febbre, perciò ci sentiamo di essere ottimisti. Del resto il problema di questa patologia è fare la diagnosi, fatta la diagnosi in tempo utile ci sono gli strumenti per trattarla efficacemente”. Nessun’emergenza, dunque, né pericolo epidemia ma è scattato comunque il protocollo di contenimento contro possibili contagi; le Asl competenti stanno vigilando e tutti i contatti familiari sono stati individuati e messi sotto osservazione sanitaria.

“La malattia – ha continuato Giordano – si trasmette attraverso contagio oro-fecale. Chi non ha un contatto diretto con il paziente affetto o in via di incubazione del Vibrio Cholerae non ha alcuna difficoltà. Siccome il caso è confinato solo a una famiglia che lo ha contratto in un’altra nazione e non ci sono le condizioni perché questo contagio possa essere stato diffuso, dovrebbe essere confinato a questo ambito familiare”.

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Il colera è una malattia infettiva che provoca diarrea e, spesso, è asintomatica. La trasmissione può avvenire per ingestione di acqua o alimenti contaminati dal batterio, mentre il contagio è molto raro in condizioni igienico-sanitarie normali. L’incubazione varia da 1 a 5 giorni e la malattia si manifesta con diarrea improvvisa e forte vomito che portano a una rapida disidratazione. “In ogni caso – ha concluso il commissario straordinario – una delle norme più garantiste è quella di usare le normali igieni corporali; se si dovessero usare dei bagni pubblici, lavarsi accuratamente le mani prima di uscire e di non mettere poi, dopo aver usato i bagni pubblici, qualcosa alla bocca ma questo dovrebbe far parte della naturale routine comportamentale di ogni persona”.

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