Otto anni di guerra in Siria: Idlib, il feudo ribelle che oggi diventa zona demilitarizzata

Otto anni di guerra in Siria: Idlib, il feudo ribelle che oggi diventa zona demilitarizzata
10 ottobre 2018

Entra in vigore oggi la “zona demilitarizzata” voluta da Turchia e Russia nella provincia di Idlib, ultima roccaforte ribelle nel Nord-ovest della Siria, per scongiurare una vasta offensiva del regime di Damasco. Idlib, è l’ultima grande area ancora fuori dal controllo dei governativi, dopo che una serie di assalti quest’anno hanno riportato sotto il controllo del governo la maggior parte del Paese, se si esclude la parte ad Est dell’Eufrate controllate da milizie curde sostenute da Washington. La provincia e il territorio circostante controllato dai ribelli ospitano oggi tre milioni di persone, circa la metà sono sfollati da altre zone del Paese riconquistate dalle forze del regime siriano sostenute dalla Russia. Ecco alcuni retroscena su una provincia, il cui destino potrebbe segnare un devastante conflitto che dura dal 2011.

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LA PROVINCIA CADUTA IN MANO AI RIBELLI NEL 2015 La provincia condivide un confine con la Turchia ed è anche adiacente a Latakia, una roccaforte del regime sulla costa mediterranea che ospita il clan del presidente Bashar al-Assad. Prima della guerra scoppiata nel 2011, la maggior parte degli abitanti di Idlib lavoravano nell’agricoltura, principalmente nella coltivazione di cotone e cereali. Nel marzo 2015, una coalizione di combattenti islamisti, alcuni legati ad Al-Qaida, ha conquistato il capoluogo e altre importanti città e installazioni militari governative.

IL DOMINIO DEGLI INTEGRALISTI Presto, gli islamisti duri e puri e con loro altre fazioni jihadiste hanno sopraffatto i ribelli più moderati. Oggi, circa il 70% di Idlib è controllato da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), coalizione nata dalle ceneri del Fronte al Nusra, che era la filiale siriana di al Qaida. Il resto del territorio è controllato invece dal Fronte di Iiberazione Nazionale (NLF), un’alleanza formata lo scorso agosto dalla fusione tra i gruppi islamisti islamisti Ahrar al-Sham e Nureddine al-Zinki con altre fazioni ribelli moderate sostenute da Ankara. NLF, che ha il sostegno della Turchia, ha lo scopo di contrastare il crescente potere di HTS.

UNA PRIGIONE A CIELO APERTO Negli ultimi tempi Idlib è divenuta una sorta di prigione a cielo aperto. Dal 2014, infatti, nella provincia sono stati trasferite decine di migliaia di ribelli e civili dalle zone riconquistate dal regime grazie alle operazioni di “riconciliazione” mediate dai russi. Molti di questi fuoriusciti dipendono dall’assistenza umanitaria che arriva da oltre confine dalla Turchia. Le Nazioni Unite hanno avvertito che, in caso di assalto del regime alla provincia, non ci sarà “nessuna altra Idlib” verso cui ribelli e civili possano fuggire.

ATTACCHI CHIMICI Le forze governative sono state accusate di diversi attacchi chimici a Idlib. Una commissione ONU ha scoperto che elicotteri decollati da due basi aeree controllate dal regime hanno sganciato bombe-barile riempite di cloro su due villaggi di Idlib nel 2014 e nel 2015. La commissione in seguito ha concluso che l’esercito ha anche effettuato un attacco chimico, probabilmente con il cloro, in un terzo villaggio nel 2015. Nell’aprile del 2017, un attacco con gas sarin ha colpito la città di Khan Sheikhun, uccidendo 83 persone. L’Onu ha incolpato il governo, che ha costantemente negato ogni responsabilità.

ZONA DI DE-ESCALATION Nel 2017 Idlib è stata dichiarata una delle quattro zone di “de-escalation” stabilite dai tre principali mediatori del conflitto siriano – Russia, Iran e Turchia – nel tentativo di ridurre la violenza. Nonostante un calo iniziale nei combattimenti, le zone di de-escalation non hanno tuttavia retto. A dicembre, le forze governative sostenute dall’aviazione russa hanno lanciato un’offensiva sul sud-est Idlib; attacco che si è concluso settimane dopo con la riconquista di decine di villaggi e città, così come l’aeroporto militare di Abu Duhur. “Ora Idlib è il nostro obiettivo”, ha dichiarato Assad il 26 luglio.

ACCERCCHIAMENTO A fine estate, le truppe di Damasco hanno iniziato a concentrarsi intorno alla provincia bombardando anche alcune aree e facendo cadere volantini che intimavano agli abitanti di arrendersi. A partire dal 7 settembre, è stata la volta degli aerei russi ,che hanno colpito la provincia per diversi giorni sollevando il timore che un assalto a tutto campo fosse imminente. Secondo le Nazioni Unite, un’offensiva contro Idlib potrebbe spostare fino a 800.000 persone e portare a una “catastrofe” umanitaria. Dopo una serie di incontri tra i principali attori del conflitto, Russia e Turchia hanno annunciato un accordo lo scorso 17 settembre per creare una zona cuscinetto demilitarizzata che circonda la regione Idlib.

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Una striscia di terra di 5 X 20 chilometri che dovrebbe servire a separe i ribelli dai governativi, evitando così un massiccio assalto da parte delle forze di Assad. Secondo questo accordo, tutte le fazioni ribelli devono ritirare le armi pesanti entro il 10 ottobre e i gruppi radicali devono lasciare la zona entro il 15 ottobre. Lunedì, Assad, che ha detto che l’accordo è solo “temporaneo” e che Idlib alla fine tornerà al controllo dello Stato. askanews

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