La web tax non decolla né in Italia, né in Europa. Il ritiro da parte della Lega di un emendamento che avrebbe portato dal 3% al 6% l’aliquota sull’ammontare dei corrispettivi, al netto dell’Iva, delle transazioni digitali, n’è un’ulteriore conferma. La proposta di modifica, a prima firma Giulio Centemero, era stata presentata in commissione Finanze della Camera. L’imposta, come riporta il testo, si applica “con aliquota del 6% sull’ammontare dei corrispettivi” relativi alle prestazioni di servizi tramite mezzi elettronici, ovvero attraverso “Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata”. I primi segnali li aveva manifestati già nei giorni scorsi il ministro dell’Economia in occasione dell’Ecofin.
“L’Italia fa parte del club di Paesi che ha già adottato la web tax – aveva detto Giovanni Tria – ma la sua implementazione è stata sospesa in vista del dialogo in Europa”. Già, l’Europa, dove da mesi si litiga per varare una norma comune per poter tassare anche i guadagni delle grandi aziende di Internet. Per meglio capirci parliamo di Google, Amazon, Facebook e Apple che producono fatturati stellari. Secondo la direttiva, proposta dalla Commissione nello scorso marzo e portata all’attenzione dello Ecofin, la web tax dovrebbe riguardare sia la vendita dei dati che i ricavi della vendita di pubblicità on line e prevede un’aliquota del 3% da pagare sul fatturato, aliquota che dovrebbe generare 5 miliardi di euro di entrate aggiuntive. “Speriamo che si trovi una soluzione entro la fine dell’anno o l’Italia applicherà il suo sistema fiscale”, continua a ripetere Tria. E sì, perché l’Italia ha già una web tax, ma non è mai entrata in vigore. La norma è stata varata con la legge di bilancio 2018 e l’entrata in vigore era prevista per il primo gennaio 2019.
L’emendamento della Lega in questione, tra l’altro, oltre a portare l’aliquota al 6% fa slittare l’entrata in vigore della web tax all’1 aprile 2019. Quindi tutto si blocca in attesa di una fumata bianca a Bruxelles. “Speriamo che si trovi una soluzione entro la fine dell’anno o l’Italia applicherà il suo sistema”, sostiene Tria. La speranza di un varo a breve della norma appare flebile, perché mentre i colossi della Rete continuano a macinare miliardi di dollari, a Bruxelles si continua a chiacchierare. L’idea è quella di dare vita a una tassazione europea prima delle elezioni del Parlamento Ue. Ma ancora s’è in alto mare. C’è la Francia, infatti, che propende affinché la tassa venga approvata, ma ce ne sono anche altri che esprimono perplessità in merito perché temono che l’imposta finisca per danneggiare le imprese e scoraggiare nuovi investimenti in Europa. Stiamo parlando dell’Irlanda, della Svezia, dell’Estonia e della Repubblica Ceca. Oppure la Germania che si preoccupa per il suo settore automobilistico e altri settori produttivi nazionali perché con la web tax potrebbero rientrare nei criteri della nuova tassazione. Eppoi c’è l’Olanda che continua a stare alla finestra. E’ l’Europa bellezza!