Province, quando si vende pelle d‘orso prima di averlo ucciso. Crocetta è in un ‘cul de sac’

20 febbraio 2014

Ancora una volta, governo e maggioranza sono stati battuti in Aula. Il campo di battaglia, sempre la riforma delle Province. Un disegno di legge che pian piano sta frantumando, non tanto l’esecutivo che vede i suoi componenti ben saldi al timone del governatore, ma la coalizione che lo sostiene. E soprattutto il Pd che ancora ha le “ferite congressuali” aperte. Per non parlare di un Fausto Raciti non pervenuto. L’assordante silenzio del neo segretario regionale Pd è più che eloquente. Intanto, come detto, altra sconfitta del governo e della maggioranza ieri in Aula. A fare saltare tutto in aria, un emendamento del M5S e che prevede il referendum per la costituzione di nuovi Liberi consorzi tra Comuni. Questi andranno ad aggiungersi ai nove, che con l’approvazione in precedenza dell’articolo 1, corrispondono alle attuali Province. Dunque, i grillini sferrano altro colpo basso al governatore. Atmosfera rovente, in Aula. Sette ore di lavoro, più della metà di melina. Inevitabile la bagarre, tra tensione e stanchezza. Ma perché ci si sta impantanando su questa riforma? Tanti i motivi. Certi alcuni. 1) Crocetta è in un ‘cul de sac’. Più di un anno fa s’è venduto la pelle dell’orso prima di averlo ucciso: l’abolizione delle Province. Teatro del mercato l’Arena di Giletti. Da allora un incubo per il governatore. Perché è costretto per non perderci la faccia a varare a tutti i costi la riforma. Da qui le alchimie d’Aula. 2) Ridisegnare il territorio con i futuri Liberi consorzi di Comuni, significa stravolgere anche le circoscrizioni elettorali e quindi l’attuale mappa politica di ogni deputato, avendo nel territorio il suo elettorato. Il rischio? Vedersi sfumare un bel bottino di voti. Da qui l’empasse.

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