In Italia nasce il partito di “Maduro”. Forze politiche, sindacati e una certa stampa, pronti a difendere l’erede di Hugo Chavez, Nicolas Maduro, rieletto nonostante il gran numero di critiche che hanno bollato il suo nuovo mandato come “illegittimo”. E così Cgil, MoVimento Cinque Stelle e il Manifesto, per citarne alcuni, scendono in campo a sostegno del cinquantaseienne chavista. Tra i primi a “tifare” Maduro, il quotidiano di sinistra, il Manifesto che con un titolo eloquente parla di “Prove di golpe” e di un “Venezuela verso il disastro”.
Dimenticando, forse, che proprio Maduro, nel corso del suo mandato, ha portato il Venezuela a una gravissima crisi economica e profonde divisioni politiche, fino all’autoproclamazione dell’oppositore Juan Guaidò. Poi c’è la Cgil. Anche il sindacato del neo eletto, Maurizio Landini, “scivola” su Maduro. A far scatenare la polemica, un tweet cigiellino che riassumeva il documento approvato in assemblea: “Il Congresso Cgil, visto quanto accade in Venezuela, secondo i propri principi di libertà, democrazia e solidarietà, approva una mozione di condanna verso l’autoproclamazione di Juan Guaidò a presidente e le ingerenze straniere verso la presidenza democraticamente eletta di Maduro”.
Apriti cielo. Tra i tanti colpo sferrati al sindacato, quello della senatrice Pd, Teresa Bellavia: “E’ un dolore leggere le parole della Cgil sul Venezuela. Non posso credere che l’organizzazione di Vittorio, Lama e Trentin possa essersi schierata dalla parte di #Erdogan e fratelli. Di democratico nelle azioni del dittatore #Maduro non c’e’ nulla”. Le scosse di terremoto scuotono l’assemblea della Cgil a Bari. E così i cigiellini corrono subito ai ripari, ripostando un altro tweet. “Mai con Maduro”, precisa questa volta il sindacato, respingendo le letture “interessate e pretestuose”. Ma la frittata, oramai è già fatta. Ambigua appare, invece, la posizione dei Cinquestelle che, a dire il vero, non hanno mai nascosto di essere affascinati da Chavez e dallo stesso Maduro. Nel 2017, infatti, in occasione dell’anniversario della morte di Chavez, i pentastellati Manlio Di Stefano, Ornella Bertorotta e Vito Petrocelli si recarono “in missione” nel paese sudamericano. La delegazione 5 stelle allora ignorò il disastro economico in cui vivevano (e vivono) i “cittadini” venezuelani.
Non solo. Successivamente, i grillini Di Stefano, Alessandro Di Battista, Maria Edera Spadoni, Marta Grande e Daniele Del Grosso avevano presentato in commissione alla Camera una risoluzione parlamentare in cui tesseva le lodi di Maduro e si criticava il sistema di sanzioni imposto dagli Usa di Obama, ricordando come “l’opposizione che controlla oggi il Parlamento, dopo le elezioni vinte nel dicembre del 2015, ha cercato, pur non avendone alcuna prerogativa costituzionale, di destituire il presidente Maduro in più occasioni”. In ogni caso, democristiana, appare la posizione del M5s sulla difficile situazione venezuelana: “Come giustamente detto dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ci auguriamo che non ci siano risvolti violenti nel Paese e che i cittadini italiani presenti in Venezuela non corrano pericoli”. Netta, invece, la linea della Lega che boccia a tutto campo, l’erede di Chavez. “Sto con il popolo venezuelano e contro i regimi come quello di Maduro – afferma Matteo Salvini -. Quanto prima cade, senza ulteriori scontri, meglio è”. Insomma, anche sul Venezuela si divide l’esecutivo gialloverde. Non a caso, la maggioranza rigetta un confronto al Senato tra governo e opposizioni sul difficile momento che sta vivendo il paese sudamericano.