Sarà in aula alla Camera dall’11 febbraio il dl Carige, altro dossier sul quale emergono differenze all’interno della maggioranza di governo. La Lega è orientata a non modificare il provvedimento mentre il M5S punta ad alcune correzioni. E’ probabile tuttavia che i due partner di governo non aprano un nuovo fronte, per cui potrebbe prevalere l’indirizzo della Lega (che infatti non ha presentato alcun emendamento, mentre sono 8 quelli dei grillini).
Il vice ministro dell’Economia Massimo Garavaglia l’altro ieri è stato perentorio. “Per noi non passa nulla, non c’è intenzione di modificare il testo” ha dichiarato l’esponente leghista sugli emendamenti depositati dal M5S tra i quali la riduzione dei compensi degli amministratori nel caso di ingresso dello Stato nel capitale di Carige e un inasprimento delle pene per i reati connessi alla attività bancaria. Il vice premier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio oggi è intervenuto in Aula alla Camera per rispondere a una interpellanza su Carige presentata da alcuni colleghi del movimento. “Mi auguro che il decreto venga modificato, migliorato e si possano mettere anche delle norme anti-furbetti delle banche” ha detto il vice premier.
Davanti ai parlamentari Di Maio ha sottolineato la commistione tra vecchia politica e banche fornendo nomi di ex amministratori legati a partiti di destra e di sinistra, ha annunciato nuove norme nei prossimi mesi per ridisegnare il sistema bancario e scongiurare nuovi dissesti (“Carige è una piccola Mps”) e soprattutto per tutelare i risparmiatori. Misure che non entreranno nel decreto su Carige. Quello di Di Maio appare un tentativo di pressing, ma in modo soft, anche se sul tema delle banche il M5S ha costruito una posizione che lascia pochi margini al compromesso. Tant’è che lo stesso Di Maio ieri ha annunciato che il governo non si fermerà davanti a una probabile obiezione delle istituzioni europee sul fondo per i risparmiatori truffati dalle banche.
Alla Camera, Di Maio ha ribadito alcuni paletti, a cominciare dalla eventualità di un ingresso dello Stato nel capitale di Carige. “Se useremo soldi pubblici per salvare Banca Carige la banca sarà dei cittadini” ha affermato il vice premier sottolineando che la banca ligure è “l’ennesimo caso di gestione scellerata non solo per incompetenza dei manager ma anche per la commistione con la politica”. Ma un intervento pubblico è ipotesi molto remota. La prima condizione del M5S è stata superata (“non è un salvataggio ma una nazionalizzazione”). Il vice premier quindi ha disegnato una nuova architettura normativa sul comparto bancario anche se alcuni aspetti non rientrano nelle competenze nazionali ma riguardano assetti comunitari e internazionali come la vigilanza o il modello d’impresa. Tuttavia Di Maio ha annunciato nuove norme entro i prossimi mesi. In ordine di importanza l’introduzione del Glass-Steagall Act, il nome della riforma bancaria americana degli anni ’30 dopo la grande depressione con la quale vennero separate le attività di banca commerciale da quelle di banca d’affari. Insomma lo smantellamento del modello di banca universale che si è affermato a livello globale da oltre 20 anni.
Di Maio ha poi annunciato che sarà istituito un fondo di garanzia alimentato trattenendo fino al 60% dei bonus dei manager per 5 anni. Inoltre norme sulle porte girevoli e il conflitto di interessi (quest’ultime due presentate come emendamenti al Dl Carige), la riforma della vigilanza bancaria a livello europeo e l’istituzione di un fondo di garanzia comunitario. Per Carige il governo ma anche Bankitalia auspicano una soluzione di mercato. E tuttavia una eventuale ricapitalizzazione precauzionale con risorse pubbliche sarebbe “una misura temporanea e l’accostamento alla nazionalizzazione sarebbe improprio”, aveva detto il ministro dell’Economia Giovanni Tria. Ed è questo lo scenario che il M5S intende assolutamente scongiurare, dopo 3 miliardi di euro con garanzia pubblica per i bond Carige e uno stanziamento da 2 miliardi per l’eventuale ricapitalizzazione.
BELLAVISTA CALTAGIRONE, MERITEREI LE SCUSE DI DI MAIO
“Dopo che lo Stato italiano, in seguito a un’iniziativa della magistratura che si e’ poi rivelata improvvida, ha distrutto una realta’ economicamente solida come il gruppo Acqua Marcia, meriterei se non le scuse almeno un atteggiamento piu’ consono da parte del ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, che oggi cita me e il mio gruppo nell’ambito del fallimento di Banca Carige”. E’ quanto dichiara in una nota l’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone. “Vorrei ricordare al ministro – prosegue – che quando il gruppo Acqua Marcia chiese e ottenne i prestiti dalle banche si trovava in uno stato di assoluta solidita’ finanziaria, tanto da poter fornire le adeguate garanzie. Il gruppo, che all’epoca dava lavoro direttamente a circa 2.500 persone e indirettamente a 10.000 persone, e’ andato in crisi, e poi in concordato preventivo, in conseguenza dell’inchiesta dei pm sul Porto di Imperia, in conclusione della quale sono stato assolto in via definitiva in tutti e cinque i procedimenti. Ci rendiamo conto che il ministro, in mezzo a tutti i problemi che puo’ avere, non sia stato informato correttamente, ma adesso che invece lo e’, e puo’ verificare cio’ che affermiamo, ci aspettiamo quantomeno che prenda atto della realta’”.