Il vertice sugli abusi sessuali sui minori che il Papa ha voluto svolgere a Roma con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo è stato accolto con un ventaglio di posizioni, dentro e fuori la Chiesa. Critici nel corso di tutte e quattro le giornate, l’associazione internazionale di vittime Ending Clergy Abuse, presente a Roma in questi giorni, ha espresso la propria delusione con una conferenza stampa organizzata questa mattina a pochi passi di piazza San Pietro. Il portavoce, Peter Isley, ha introdotto una lista speculare e opposta a quella di 21 punti distribuita dal Papa ai vescovi a inizio del summit.
Tra i 21 punti esposti oggi dal gruppo di sopravvissuti – divisi come le giornate dell’incontro vaticano in tre grandi aree tematiche, responsabilità, accountability e trasparenza – le immediate dimissioni dallo stato clericale di ogni sacerdote colpevole anche di un solo abuso sessuale e di ogni vescovo o religioso superiore che ha insabbiato le accuse, la trasmissione alle autorità civili di ogni accusa nota, l’indennizzo alle vittime, la pubblicazione completa di tutti i preti e religiosi abusatori, vivi o morti, la rimozione del segreto pontificio nei processi canonici sugli abusi.
Un altro sopravvissuto, tuttavia, il cileno José Murillo, ha una posizione più complessa. Murillo, insieme a James Hamilton e a Juan Carlos Cruz, è uno dei tre uomini che hanno criticato apertamente Jorge Mario Bergoglio nel corso del suo viaggio nel paese latino-americano, accusando il sacerdote Fernando Karadima di abusi e il suo allievo, il vescovo Juan Barros, di copertura. Francesco ha dapprima tacciato le loro accuse di “calunnie”, poi si è scusato, li ha invitati a Roma, ha dimesso Karadima dallo stato clericale e ha fatto dimettere Barros.
E dal Cile, oggi, Murillo ha detto alla Tercera: “La Chiesa ha perso decenni fa l’opportunità di essere ciò che dovrebbe essere nella lotta contro gli abusi, incolpando le vittime, trattandole come nemici, respingendole in modo inaccettabile. Detto questo, è la prima volta che si riconosce la responsabilità della Chiesa. Si sarebbe potuto fare meglio, in modo più profondo, è vero. Tuttavia, in un modo senza precedenti, la Chiesa si sottopone a una critica così forte, senza difendersi o giustificarsi”.
Chi non ha mai amato questo Papa è ancor più convinto. Amico del cardinale ultraconservatore Raymond Leo Burke – il porporato che prima del summit ha fatto un pubblico appello ai vescovi denunciando che “la piaga dell`agenda omosessuale è diffusa all`interno della Chiesa” – l’ex stratega in capo di Donald Trump, Steve Bannon, in questi giorni è in Italia “soprattutto per osservare il summit Vaticano sugli abusi”, ha detto in un’intervista alla Verità, “e per parlare di questo raccapricciante accordo che la Chiesa cattolica ha fatto con la Cina”. Per Bannon, l’incontro del Papa con i vescovi è “una pessima barzelletta”. Non la pensano allo stesso modo le suore dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali (Uisg), un’organizzazione che rappresenta più di 600mila religiose di vita apostolica a livello mondiale.
Insieme alle testimonianze crude delle vittime, trasmesse in video il primo giorno di incontro e poi dal vivo la sera di ogni giornata, la presenza delle donne è stata una delle principali novità del summit vaticano. Il Papa ha voluto che parlassero, tra i nove relatori, anche tre donne: Linda Ghisoni, laica, sottosegretario di un dicastero vaticano, la giornalista messicana Valentina Alazraki, che non ha lesinato critiche all’opaca gestione degli abusi da parte dei maggiorenti cattolici nel corso dei decenni, a la suora nigeriana Veronica Openibo. Che oggi, insieme a sei consorelle che hanno partecipato al summit, ha raccontato la propria soddisfazione in una conferenza stampa.
Ha parlato apertamente delle “resistenze” che ha percepito inizialmente tra alcuni vescovi, ma anche del grande rispetto e della volontà di fare passi avanti nella tutela dei minori. Le testimonianze delle vittime, in particolare, hanno colpito le religiose. “Sono rimasta senza parole, mi hanno spezzato il cuore”, ha detto suor Monica Joseph (India). “Ho pianto”, ha detto suor Carmen Sammut (Malta), “e mi ha colpito che le vittime sono state vittime più volte: quando sono sate abusate, e poi quando non sono state ascoltate, non sono state credute, hanno parlato senza trovare compassione”. Per suor Pat Murray (Irlanda), le ferite degli abusi sono “nel corpo, nella psiche, nello spirito” e “la Chiesa deve ascoltare con profondità e accompagnare queste vittime, in quello che sarà un lungo viaggio, che durerà molti anni, ma nel quale dobbiamo tutti collaborare”. Ascoltare le vittime, per suor Aurora Torres, è stata “una grazia dolorosa”. E suor Openibo è convinta: “Ascoltando le vittime molti vescovi si sono convertiti”.
In Vaticano, intanto, il lavoro è andato avanti. Il summit sugli abusi sessuali “deve ora essere seguito da misure concrete come richiesto con forza dal Popolo di Dio”, ha stabilito una riunione interdicasteriale che ha avuto luogo oggi stesso, durante la quale, ha riferito il direttore “ad interim” della sala stampa vaticana Alessandro Gisotti, si è “messo l`accento sulla necessità dell`ascolto delle vittime” e si è sottolineato “il maggior coinvolgimento dei laici” e “la necessità di investire nella formazione e nella prevenzione”. Quanto alle misure concrete previste, il moderatore dell’incontro, padre Federico Lombardi, ha preannunciato ieri l’arrivo “in un futuro ravvicinato” di un nuovo Motu Proprio del Papa “sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili” per “rafforzare la prevenzione e il contrasto contro gli abusi nella Curia Romana e nello Stato della Città del Vaticano”, provvedimento che intende essere un “esemplare” modello per le linee guida degli episcopati di tutto il mondo. Inoltre, nel giro di “qualche settimana, un mese o due” la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicherà “un vademecum che aiuterà i vescovi del mondo a comprendere chiaramente i loro doveri e i loro compiti” di fronte ad un abuso.
Verranno poi create “task forces di persone competenti per aiutare le conferenze episcopali e le diocesi che si trovino in difficoltà per affrontare i problemi e realizzare le iniziative per la protezione dei minori”. Nel corso della quattro-giorni, inoltre, diversi cardinali e vescovi hanno affermato che bisogna abolire il “segreto pontificio” invalso nei processi canonici sugli abusi. Il Papa, da parte sua, ha detto, nel discorso conclusivo, che è necessario stabilire “direttive uniformi per la Chiesa”, che le linee-guida degli episcopati nazionali devono essere considerate “norme, non solo orientamenti” ed ha prospettato un innalzamento della minore età attualmente di 14 anni per il crimine della pedo-pornografia, fattispecie criminale che aveva inserito nell’ordinamento giuridico vaticano nel 2013. askanews