L’Isis ha rivendicato gli attentati di Pasqua in Sri Lanka a hotel e chiese che hanno causato la morte di almeno 321 persone. Lo Stato Islamico ha pubblicato la rivendicazione in un comunicato diffuso dalla sua agenzia di propaganda Amaq, in cui ha scritto che l’obiettivo sono i paesi che bombardano il suo territorio e i cristiani. Intanto, il bilancio è salito a 321 morti, tra cui almeno 45 tra bambini e adolescenti hanno riferito le Nazioni Unite. Centinaia i feriti. 40 le persone arrestate con l’accusa di essere coinvolte negli attacchi. Il Paese piange le sue vittime, è il giorno del lutto nazionale, con i funerali nella chiesa di San Sebastiano, a Negombo, uno dei luoghi in cui sono state uccise più persone a cui ha preso parte anche il presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena. Bandiere a mezz’asta negli uffici pubblici e un minuto di silenzio alle 8:30 del mattino (ora locale), l’ora in cui è stato compiuto il primo attacco.
Intanto, infuriano le polemiche su un allarme attentati che sarebbe stato ignorato. Le forze di sicurezza sarebbero state avvertite giorni prima del fatto che un gruppo radicale, il Theatheeth Jamaath nazionale accusato della strage, stava preparando un attacco su vasta scala ma, apparentemente, avrebbero scelto di non intervenire, sottovalutando l’informazione. Il New York Times ricostruisce quel che non ha funzionato nella catena informativa dello Sri Lanka e sottolinea che l’inerzia che ha portato alle stragi potrebbe essere dovuto anche al dissidio in atto da tempo tra presidente e capo del governo.
I servizi di sicurezza sapevano che il gruppo era pericoloso e in un memorandum datato 11 aprile avevano indicato dove si trovata il leader: nello stesso memorandum avvertivano del rischio di attacchi su chiese cattoliche. L’India li aveva già avvertiti che il gruppo stava progettando attacchi a chiese e già a gennaio avevano avuto notizia che islamisti radicali forse legati al gruppo stavano accumulando detonatori e armi. Poche ore dopo i bombardamenti di tre chiese tre alberghi i servizi di sicurezza hanno arrestato 24 persone, salite oggi a 40, un segno che sapevano bene dove trovare i membri dell’organizzazione. Resta l’enorme interrogativo sul perché le forze dell’ordine non abbiano agito con decisione appena ricevuti gli allarmi, un interrogativo ulteriormente complicato dal dissidio tra il presidente e il premier Ranil Wickremesinghe, che ha fatto sì che quest’ultimo fosse tenuto all’oscuro delle informazioni in mano ai servizi. Una vicenda che ha fatto scoppiare un’amara polemica e creato una nuova crisi di governo.
Uno dei kamikaze coinvolti negli attacchi di Pasqua era stato arrestato qualche mese fa con l’accusa di aver vandalizzato una statua di Buddha, atto gravissimo in un Paese a maggioranza buddhista dove la religiosità sta assumendo toni sempre più accesi. Ieri vari ministri hanno attaccato il presidente Maithripala Sirisena, che controlla i servizi di sicurezza e non ha agito nonostante gli allarmi dettagliati. Vari ministri hanno chiesto la testa del capo della polizia nazionale, altri si sono chiesti come un gruppo nato nel Paese abbia potuto agire da solo.
Intanto oggi è spuntata l’immancabile rivendicazione dell’Isis.
“C’è stata una rete internazionale senza la quale gli attacchi non sarebbero accaduti” ha detto il ministro della sanità Rajitha Senaratne. Il presidente non ha dato finora risposte soddisfacenti. Un suo alto consigliere, Shiral Lakthilaka, ha detto che non ci sono stati errori della sicurezza, ma ha aggiunto che il presidente ha nominato un comitato, presieduto da un giudice della Corte suprema, per indagare su ciò che è andato storto. Da tempo l’India segue l’intera Asia meridionale per rilevare i movimenti dell’Isis e di Al Qaida e tiene sotto controllo il leader della National Thowheeth Jama`ath, Mohammed Zaharan. E a inizio aprile ha fornito a Colombo numeri di telefono e i informazioni su Zaharan e i suoi uomini, che secondo Nuova Delhi stavano pianificando gli attacchi alle chiese e all’ambasciata indiana in Sri Lanka.
Ma nel mezzo della polemica tra presidente e primo ministro, che lo scorso anno ha portato alla rottura tre i due, pare che il capo dello Stato abbia escluso il premier dai briefing sulla sicurezza al massimo livello e che l’ufficio del capo del governo non avesse alcuna idea dell’allarme imminente. E oggi il premier sostiene che se l’avesse saputo le cose sarebbero andate diversamente. Il gruppo National Thowheeth Jama`ath è nato nel 2015 a seguito di una serie di attacchi contro i musulmani. Lo Sri Lanka è stato risparmiato dai massacri a sfondo religioso che hanno insanguinato India e Pakistan, ma negli ultimi anni alcuni monaci buddisti sono diventati militanti e hanno incitato i seguaci ad attaccare musulmani. E le forze dell’ordine hanno chiuso un occhio sulle violenze ai danni dei musulmani.