Tossicodipendenza, niente soldi e Stato che sta a guardare. I centri di recupero lasciati soli

Tossicodipendenza, niente soldi e Stato che sta a guardare. I centri di recupero lasciati soli
La sede della comunità di recupero San Patrignano
30 aprile 2019

Le droghe ogni anno mietono sempre più vittime. E lo Stato spesso fa orecchie da mercante. Un drammatico scenario che appare scomodo alla politica dato che da circa otto anni non mette mani né al portafoglio né ad iniziative di governo degne di un paese civile, come si usa dire. E, intanto, l’eroina uccide giovani, meno giovani e anche bambini. Sì, perché gli ultimi dati parlano anche di un crescente numero di dodicenni già intrappolati nel tunnel della morte.

Per non parlare della caccia agli spacciatori diventata sempre più difficile dato che ora le droghe si possono acquistare pure on-line. “Dal 2011 non c’è stata più una guida politica e non essendoci stato un coordinamento centrale nel tempo si è creato nel settore un certo disordine, per usare un eufemismo”. Parla uno che ben conosce il problema delle droghe e soprattutto delle comunità di recupero in Italia. Si tratta di Franz Vismara, responsabile dei rapporti istituzionali della comunità di San Patrignano, fondata nel 1976 da Vincenzo Muccioli.

Vismara ci denuncia un “totale abbandono” in questi ultimi otto anni dello Stato. Un’assenza della politica che ha fatto scomparire nell’ultimo decennio, più di 700 comunità di recupero in tutto il territorio nazionale, riducendole a circa 600, ospitando circa 12 mila tossicodipendenti. Un universo su cui ruotano circa 3 mila addetti ai lavori. Secondo l’Osservatorio di San Patrignano, per un ragazzo su due che entra in comunità il primo contatto con le sostanze stupefacenti avviene già a 14 anni; una persona adulta su 10, negli ultimi 12 mesi, ha fatto uso di droghe; uno studente su 4, pari a 640 mila ragazzi e ragazze, ha fatto uso di almeno una sostanza illegale nell’ultimo anno. Numeri che farebbero saltare in aria qualsiasi governante, sia di destra, sia di sinistra, sia di centro.

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Ma a quanto pare, negli ultimi anni non s’è mosso un dito a favore delle comunità di recupero, abbandonate a sé stesse, ai vari benefattori, spesso familiari di chi ha bisogno di assistenza o di semplici uomini di buona volontà. E dire che le comunità di recupero sono importanti, come riporta uno studio delle Università di Urbino, Bologna e Padova, secondo il quale, la percentuale dei ragazzi che al termine del percorso non ricadono nel problema della droga è tra la più alta in Europa attestandosi al 72 per cento, il 96 per cento di loro trova un lavoro dopo l’esperienza di recupero e un ragazzo su due ha conseguito un titolo di studio o una qualifica professionale.

Dalla politica, finora un assordante silenzio. Ora, sembra che qualcosa si muova. Lo scorso 2 aprile il dipartimento che si occupa della lotta contro gli stupefacenti e che fa capo, come detto, al ministero della Famiglia, ha convocato i vari attori del settore. “E’ certo un buon segnale – ci dice Vismara -. E’ stato tolto un tappo. Tenerci fuori dal confronto per otto anni e ora essere chiamati, è un bel gesto politico. Ci hanno chiesto di collaborare, lo faremo attraverso iniziative e raccolta dati. E’ chiaro che s’è tolto un tappo, poi vedremo i fatti”. Di concreto, ci sono soltanto 7 milioni di euro messo dal governo verdegiallo spendibili in tre anni a partire dal 2019.

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Troppo pochi, per un fenomeno sempre in crescita come quello della dipendenza alle droghe e per il quale è fondamentale la prevenzione. A tal proposito, secondo l’Osservatorio di San Patrignano, relativamente alle attività di prevenzione, a cominciare da quelle in ambito scolastico, l’Italia ha mostrato nell’ultimo decennio una preoccupante battuta d’arresto: nel 2016 soltanto il 50 per cento degli istituti scolastici hanno organizzato attività specifiche di prevenzione del consumo di sostanze stupefacenti; nel 2008, la percentuale degli istituti scolastici era del 58,3 per cento. Nello stesso arco di tempo, l’uso frequente di almeno una sostanza illegale da parte degli studenti è salito dal 3,5 per cento al 4,5 per cento (rilevazione Espad Italia). Quanto basta per scuotere la politica. E non solo.

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