Un accordo di cooperazione sancito a gennaio con il Trattato di Aquisgrana, ma due idee di Europa sostanzialmente differenti, nonostante un nemico comune da combattere: il sovranismo. L’approccio di Francia e Germania alle elezioni europee del 26 maggio è lungo e datato di qualche mese. Risale al 22 gennaio 2019, giorno in cui Emmanuel Macron e Angela Merkel hanno sottoscritto un documento bilaterale ambizioso, con l’obiettivo di rafforzare il comune impegno alla collaborazione e contrastare il crescente nazionalismo in Europa. La realtà dei fatti ha però smorzato l’entusiasmo della prima ora e il testo, firmato in pompa magna nel ricordo di quanto fecero nel 1963 Charles de Gaulle e Konrad Adenauer con il Trattato dell’Eliseo, ha confermato l’impressione iniziale: si tratta di una piattaforma a forte carattere bilaterale, senza l’ambizione di predeterminare altre decisioni su una più ampia scala, a livello Ue. Anzi, in assenza, pressoché totale, di veri temi europei.
D’altra parte, il programma ambizioso di riforme annunciato da Macron dopo la sua elezione all’Eliseo è stato parzialmente e silenziosamente affossato da Angela Merkel. E anche quando, nel marzo scorso, il presidente francese ha inviato ai leader dei Paesi membri dell’Ue la sua lettera per un Rinascimento europeo, la cancelliera ha risposto in maniera piuttosto fredda. Anzi, non ha proprio risposto, lasciando la parola ad Annegret Kramp-Karrembauer, nuova leader della Cdu. E i distinguo espressi dell’erede di Merkel non sono stati di poco conto. Insomma, se Emmanuel Macron e Angela Merkel concordano sulla necessità per l’Europa di riposizionarsi su uno scacchiere mondiale in continua evoluzione, a fronte di sfide, interessi e strategie sempre diverse, è sul come procedere che bisogna intendersi, allo scopo di trovare quella che la cancelliera tedesca ha definito oggi in un’intervista ad alcuni organi di stampa europei “una via di mezzo”.
Che vi siano differenze di mentalità e di comprensione dei ruoli – sono ancora parole di Merkel – lo ha capito da tempo lo stesso presidente francese. E infatti, Macron, nel corso del suo mandato, ha drasticamente ridimensionato i suoi programmi, cercando di superare le asincronie e puntando su un nuovo possibile sbocco dell’alleanza franco-tedesca: un europeismo sovranista. Per renderlo attuale, la Francia di Macron dovrebbe innanzitutto ambire a più controlli alle frontiere e a una serie di limitazioni a Schengen, soprattutto per quei Paesi dell’Europa considerati non solidali e poco responsabili. Ma anche, a un antitrust comunitario capace di penetrare le intricate maglie della burocrazia e alla creazione di forti conglomerati europei in grado di affrontare e superare la sfida di colossi targati Stati Uniti e Cina. Un’azione che Macron dovrà portare avanti senza lasciarsi distrarre dalla difficile situazione sul fronte interno. La più agguerrita, su questo piano, è Marine Le Pen che insiste e non poco sul tema dei migranti, rinfaccia a Macron di voler cedere parte della sovranità francese ai tedeschi, e spinge con insistenza su una soluzione definitiva delle tensioni sociali.
Un argomento, quest’ultimo, che sta molto a cuore ormai da mesi anche al movimento dei “gilet gialli”, seppure l’ultima fase di dialogo sembra avere placato parzialmente le proteste di piazza, o almeno la parte più esagitata di queste. Senza contare che le banlieue, con il loro disagio sociale, continuano a rappresentare un problema, e che l’antisemitismo in Francia si è riproposto come una questione seria e irrisolta. D’altra parte, non meno complicata è la situazione in Germania, dove Angela Merkel ha problemi soprattutto di colore politico. Le sconfitte della Cdu e dell’Spd nel 2018 alle elezioni in Baviera e in Assia hanno fortemente indebolito la Grande Coalizione, e costretto la cancelliera a lasciare la guida del suo partito ad Annegret Kramp-Karrembauer. Parallelamente, il Paese ha visto crescere due nuove formazioni che promettono di diventare grandi protagoniste non solo in casa, fin dalle prossime europee. La prima è quella dei Verdi: hanno un programma liberale in economia e ovviamente fortemente inclinato verso i temi inerenti l’ambiente. Dopo l’exploit alle elezioni regionali in Baviera nel 2018, puntano ora a ripetersi il 26 maggio.
La seconda forza che la Merkel dovrà tenere d’occhio è quella di Alternative fur Deutschland (Afd). Rappresenta l’estrema destra tedesca, una perfetta miscellanea di euroscetticismo, conservatorismo e islamofobia molto lontana dall’Europa ambita dalla cancelliera (e dallo stesso Macron). Sul fronte esterno, le posizioni della Germania sembrano tutt’altro che allineate a quella della Francia. Berlino, ad esempio, appare più convinta di Parigi sulla necessità di smarcarsi dagli Stati Uniti. Una posizione che Angela Merkel ha confermato alla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco di Baviera, anche rispetto alle tensioni sul programma nucleare di Teheran e sulla sua reale minaccia: gli Stati Uniti lo hanno rinnegato, per la Germania funziona e va confermato. Macron alla Conferenza non si è neppure presentato. E la Francia non si è accodata alla Germania nemmeno sulla decisione di bloccare le esportazioni di armi in Arabia Saudita, così come ha evitato la neutralità tedesca in Siria.
Insomma, per considerarsi leader indiscusse dell’attuale progetto europeo, a Francia e Germania non appare sufficiente il Trattato di Aquisgrana. Per gestire un’Europa sempre più debole e minacciata da crescenti forze nazionaliste e sovraniste, a Macron e Merkel serve uno sforzo ulteriore: trasformare le intenzioni in risultati attraverso iniziative di respiro internazionale che non corrispondano solo a interessi circoscritti, di parte e di breve termine. Sulle questioni fondamentali – la direzione in cui si evolvono l’Europa e l’economia, la responsabilità nei confronti del clima e dell’Africa – Francia e Germania sono “quasi sulla stessa lunghezza d’onda”. Parola di Angela Merkel. Ma quel “quasi”, per l’Europa che verrà, fa tutta la differenza del mondo. askanews