Assange spia, l’accusa che fa temere per libertà di stampa Usa. Il fondatore di WikiLeaks: “E’ la fine del giornalismo, del Primo emendamento”

Assange spia, l’accusa che fa temere per libertà di stampa Usa. Il fondatore di WikiLeaks: “E’ la fine del giornalismo, del Primo emendamento”
24 maggio 2019

Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti, un editore è stato incriminato per il suo lavoro. Appellandosi all’Espionage Act, il governo ha accusato, ottenendo poi l’incriminazione dal grand jury – che ha analizzato il caso – di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, su cui pesano in tutto 18 capi d’accusa (uno risale allo scorso anno). L’incriminazione solleva le preoccupazioni e la protesta di giornalisti e associazioni per i diritti civili, secondo cui c’è un “assalto diretto” al Primo emendamento (la libertà di parola e di stampa), come scritto dall’Aclu (American Civil Liberties Union). Assange, su Twitter, ha commentato: “Una follia. È la fine del giornalismo sulla sicurezza nazionale e del Primo emendamento”.

Assange è stato accusato dal dipartimento di Giustizia di aver pubblicato su WikiLeaks materiale coperto da segreto, fornito da Chelsea Manning, ex analista d’intelligence dell’esercito, e riguardante le guerre in Iraq e Afghanistan – da cui sono emersi crimini di guerra – e i rapporti diplomatici degli Stati Uniti con gli altri Paesi. Accuse che aprono un nuovo fronte nella lotta dell’amministrazione contro la diffusione di notizie segrete: se in precedenza le accuse erano sempre state rivolte a chi aveva fornito il materiale classificato, come Manning – condannata a 35 anni di carcere, graziata dal presidente Barack Obama e ora di nuovo in prigione per essersi rifiutata di testimoniare davanti al grand jury sulle sue interazioni con Assange – ora si cerca di punire chi lo ha reso pubblico.

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“Una cosa è accusare un funzionario governativo che ha giurato di non diffondere informazioni classificate, un’altra è accusare qualcuno che non fa parte del governo e che pubblica o chiede informazioni, come fanno sempre i giornalisti” ha commentato Matthew Miller, portavoce del dipartimento di Giustizia ai tempi del presidente Barack Obama, interpellato dal New York Times. “L’Espionage Act non fa distinzioni tra giornalisti e non giornalisti” ha aggiunto, riferendosi alla legge che Assange avrebbe violato e che, di fatto, equipara i giornalisti ai traditori che passano informazioni a potenze nemiche; la legge non consente alcuna difesa a giornalisti ed editori, che non possono quindi far valere il pubblico interesse a rivelare determinate informazioni, in questo caso i crimini di guerra commessi dai soldati statunitensi.

La figura di Assange, un giornalista non convenzionale, è piuttosto controversa: c’è chi lo considera un paladino della libertà di stampa, chi invece lo accusa di essere al servizio dei russi (Assange ha pubblicato le e-mail rubate al partito democratico prima delle elezioni, danneggiando la candidatura di Hillary Clinton). Per il governo statunitense, “Julian Assange non è un giornalista”, ha detto John Demers, a capo della divisione per la Sicurezza nazionale del dipartimento di Giustizia, durante un breve briefing con i giornalisti. “Prendiamo molto seriamente il ruolo dei giornalisti nella nostra democrazia. Non è, e non è mai stata la politica del dipartimento, quella di prenderli di mira per il loro lavoro”. Inoltre, a differenza di un giornalista ‘tradizionale’, Assange non si sarebbe limitato a ricevere e pubblicare le notizie, ma sarebbe stato coinvolto “attivamente”, secondo le accuse.

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Assange, 47 anni, sta scontando una condanna a 50 settimane di prigione nel Regno Unito per aver infranto la libertà condizionale nel 2012 ed essersi rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador, dove è rimasto fino a poche settimane fa, per evitare l’estradizione in Svezia, dove era ricercato per stupro. Gli Stati Uniti hanno chiesto al Regno Unito l’estradizione di Assange, che rischia fino a 10 anni di carcere per ogni capo d’imputazione; il Regno Unito, prima, valuterà la possibile estradizione in Svezia per il presunto stupro.

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