E se fosse crisi? Ecco il difficile calendario verso il voto

E se fosse crisi? Ecco il difficile calendario verso il voto
Sergio Mattarella
6 giugno 2019

Con la caduta nel vuoto dell’ultimatum di Giuseppe Conte ai suoi vice, la crisi di governo sembra davvero dietro l’angolo. Così al Quirinale si sono armati di calcolatrice per capire come e quando riportare il Paese alle urne nel caso in cui la situazione dovesse precipitare. Per legge tra lo scioglimento delle Camere e il voto devono trascorrere un minimo di 45 giorni e un massino di 70. Storicamente, però, per compiere tutti i passaggi istituzionali, i giorni necessari sono stati sempre almeno 55. Sembra impossibile, dunque, ipotizzare elezioni a luglio. Anche l’ultima domenica di quel mese, il 28, sarebbe ormai troppo vicina. Per quanto nessuna legge vieti di votare ad agosto, difficilmente il Quirinale e i partiti asseconderebbero elezioni con un presumibile tasso record di astensione. Si scivola così a settembre. E in particolare alle domeniche 15, 22 e 29.

Rispettivamente, per realizzare queste tre ipotesi le Camere non dovrebbero essere sciolte prima del 7, del 14 o del 21 luglio. Ma come arrivare a quelle date se la crisi dovesse precipitare nei prossimi giorni? Le carte in mano a Mattarella sono diverse. Potrebbe guadagnare tempo chiedendo al premier di presentarsi alle Camere per “parlamentarizzare” la crisi. Successivamente dovrebbe avviare un giro di consultazioni per adempiere al suo dovere costituzionale di verificare l’esistenza di altre possibili maggioranze prima di sciogliere le Camere. Infine, potrebbe chiedere al governo dimissionario di restare in carica il tempo necessario per varare una sorta di pre-manovra economica ed evitare la procedura d’infrazione della Ue.

Cosa accadrebbe, infine, dopo eventuali elezioni a settembre? Se si formasse una maggioranza parlamentare chiara, l’incarico potrebbe essere abbastanza veloce. Le Camere si formerebbero circa tre settimane dopo il voto e nel giro di qualche giorno potrebbero già votare la fiducia al nuovo premier emerso dalle consultazioni. Ma le elezioni sono imprevedibili, e l’anno scorso per far nascere un governo ci vollero quasi tre mesi. A quel punto i tempi per la legge di Bilancio potrebbero saltare e il Paese andrebbe in esercizio provvisorio. I problemi di un esito del genere sarebbero diversi. Il primo fra tutti, l’aumento automatico dell’Iva per 23 miliardi, previsto nelle clausole dell’ultima legge di stabilità. Uno scenario da far tremare i polsi. Per affrontare il quale Mattarella avrà bisogno di tutta la saggezza che gli italiani gli hanno raccomandato durante il rituale bagno di folla ai Giardini del Quirinale del 2 giugno.

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